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Una questione di identità

(Tommaso Cerno – lidentita.it) – Chi è Elly Schlein. E chi l’ha votata nei gazebo delle primarie del Pd? È la domanda che in queste ore tutti si fanno nell’Italia sorpresa dalla vittoria della pasionaria democratica, data da tutti per sfavorita alla successione di Enrico Letta, che ha vinto la corsa al Nazareno e da ieri guida il Partito Democratico. Si sente ripetere che sarebbe una vittoria della sinistra estrema. E che questa scelta del popolo delle primarie, nato nel 2007 assieme al partito di Walter Veltroni, provocherà un caos a sinistra: migliaia di persone scapperanno, parlamentari appena eletti cambieranno partito, per andare magari con quel Matteo Renzi che da anni considerano il distruttore del Pd non solo un fine ragionatore, ma un bravo camminatore per le strade di questo meraviglioso Paese. Io ho camminato abbastanza in questi ultimi mesi per dire, come ha fatto il nostro giornale in queste settimane di campagna per le primarie, che la vittoria di Elly Schlein ai gazebo era più che annunciata. Così come lo era un secondo posto nelle sezioni del partito. E questo perché l’aria qui fuori è da molto tempo diversa da quella che si respira al Nazareno. È molto più facile di quanto sembra capire chi ha votato Elly. L’ha votata quel popolo della sinistra che ha chiesto, in quelle urne, ciò che da più di un anno chiedeva a Letta. Un cambiamento, una nuova musica, la fine dell’era del Palazzo a tutti i costi, il ritorno fra la gente che si era fidata della sinistra. E che in cambio ha avuto una perenne quanto inutile presenza in tutti i tipi di governo messi in piedi in questo strampalato Paese dalla caduta del governo Berlusconi nel lontano 2011. Non era difficile da capire. Se si guardava fuori dalle sedi, fuori dal Parlamento, fuori da Twitter, fuori. Là dove la politica sta. Proprio in quel posto in cui qualche anno fa una giovane donna di destra, Giorgia Meloni, ha scommesso su un qualcosa di nuovo e più identitario lasciando Berlusconi per ritrovarsi anni dopo a guidare il governo dell’Italia. Anche di lei commentatori ed esperti dicevano fosse impossibile prevedere un successo. Sarà che davvero questo Paese le donne in politica le reclama ma non le vuole. E quindi quando poi ci finiscono dentro non ci crede fino in fondo. Come invece ci credono i cittadini italiani, che in pochi mesi hanno cancellato la cultura maschilista che guidava entrambi gli schieramenti e hanno dato mandato a due donne, molto diverse fra loro, di rappresentare due modelli politici e due pezzi di Paese diversi. Per poi lasciar decidere agli elettori quale avrà il diritto di governare in futuro. Giorgia Meloni ha già vinto la sua partita. Ora gioca la difficile partita del governo, deve trasformare una vittoria prima in un successo poi in un’epoca in cui la destra si afferma come forza che porta l’Italia fuori dalla crisi degli ultimi anni. Da ieri Elly deve ricostruire una sinistra capace di essere alternativa e di recuperare milioni di voti di persone deluse. Spiegando loro che c’è anche la sinistra, e che la sinistra ha un’idea di futuro. Non si preoccupino quelli che con questa segretaria la sinistra diventi estrema. Sei il modello Prodi contro Berlusconi si fondava su due leader al centro della coalizione capaci di recuperare forze via via più estreme di loro in un progetto unico, la vittoria senza se e senza ma di Giorgia Meloni dimostra che anche il modello bipolare è cambiato. Oggi si sceglie fra due leader che hanno una precisa identità, la cui scommessa è costruire un progetto per guidare il Paese senza rinnegare le proprie idee o annacquarle nel nome di un polo moderato che la storia degli ultimi 40 anni ci dimostra essere solo una grande illusione e una bugia che raccontano in Parlamento per tenersi la poltrona.

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