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Rinvio del voto Ue sulle auto inquinanti, i think tank sul cambiamento climatico: “Governo miope, serve ripensare le filiere produttive” – Il Fatto Quotidiano

Per i think tank che si occupano di cambiamento climatico la scelta del governo Meloni di mettersi di traverso – insieme a Polonia e Bulgaria, mentre la Germania aveva annunciato l’astensione – rispetto allo stop Ue alle auto a benzina e diesel dal 2035 è miope. “Non tiene conto degli aspetti di competitività economica e neppure degli impegni per il raggiungimento degli obiettivi climatici”, attacca Massimiliano Bienati, Responsabile Trasporti di Ecco, il think tank italiano per il clima. “L’auto elettrica si è già imposta come innovazione trasformativa del settore automotive globale e richiede un radicale ripensamento organizzativo e tecnologico delle filiere produttive. Per rimanere competitiva sul mercato dell’auto, l’Italia deve dare un chiaro segnale ai mercati e ai consumatori, concentrando i propri sforzi diplomatici e il suo peso politico per sostenere il settore automotive nazionale, all’interno delle opportunità offerte dal nuovo Piano industriale europeo verde“. Una posizione non lontana da quella dei grandi produttori, che nell’elettrico stanno investendo massicciamente e per lo più puntano ad ottenere più aiuti possibile dagli Stati.

D’accordo la presidente del think tank Italian Climate Network, Serena Giacomin: “Il no italiano al bando Ue al 2035 della vendita di nuove auto a motore endotermico è una decisione molto maldestra, che non può fare bene alla transizione e all’economia italiana. Qualsiasi motivazione a questa posizione ministeriale appare inaccettabile, da una possibile mancata preparazione sul tema alla volontà del Governo di accontentare un’opinione pubblica spaventata dal cambiamento in atto, complici alcuni organi di stampa che stanno comunicando tematiche come la mobilità elettrica in modo superficiale e polarizzante”. Dopo la dichiarata intenzione di “esprimere un voto negativo da parte dell’Italia” sul Regolamento Ue al Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, “i commenti a latere della decisione di rinviare il voto continuano a disorientarci – prosegue Giacomin -. Abbiamo potuto leggere la dichiarazione del Ministro Gilberto Pichetto Fratin secondo cui ‘l’utilizzo di carburanti rinnovabili compatibili con i motori termici contribuirà a una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini. Ma la disposizione Ue prevede anche l’utilizzo di combustibili rinnovabili nelle auto endotermiche. Perciò l’Italia ha annunciato un voto contrario nonostante la disposizione europea contenga già ciò che il Ministro Pichetto ritiene necessario. Sottolineiamo anche che nella disposizione non si parla di un obbligo verso i cittadini a non circolare, ma di uno stop di produzione”.

Anche le aziende italiane dell’auto elettrica ovviamente sono critiche. Francesco Naso, segretario dell’associazione di categoria Motus-E, definisce la decisione dell’esecutivo un “giocare di retroguardia“, e chiede di “cavalcare una transizione ormai ineluttabile, invece di subirla passivamente”: “Serve un piano europeo di riconversione, come l’Ira americano. Una trasformazione profonda come quella che sta affrontando l’industria dell’auto richiede da parte di tutti un approccio serio e pragmatico, senza sfumature ideologiche. Continuare a dibattere solo sulla scadenza del 2035 sottrae attenzione ed energie a una questione più importante, ossia la possibilità per il nostro Paese di cavalcare una transizione ormai ineluttabile, invece di subirla passivamente”. “Insieme al Cami, il Center for Automotive and Mobility Innovation guidato dall’Università Cà Foscari Venezia – ha aggiunto Naso -, abbiamo recentemente pubblicato uno studio che analizza puntualmente la filiera auto italiana, osservando che, con le giuste politiche di supporto, l’occupazione del settore potrebbe tornare finalmente a crescere, proprio grazie all’elettrificazione. Il report, in continua evoluzione grazie a un Osservatorio permanente che abbiamo messo a completa disposizione del Governo, ha mappato già circa 2.500 aziende italiane fornitrici di componenti a livello nazionale e internazionale, con 280.000 addetti”.

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