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Myanmar, la strage del monastero è ancora senza colpevoli

Sono morte più di 30 persone ed è l’ennesima violenza nel paese, da anni scenario di scontri tra gruppi armati locali ed esercito, dopo il golpe del 2021

Più di 30 persone sono state uccise sabato in un monastero nello stato di Shan, a sud del Myanmar. Fra i morti ci sono anche almeno tre monaci. Dal golpe militare di due anni fa, si sono intensificati gli scontri fra la giunta militare e i gruppi ribelli, che ora si accusano a vicenda anche in merito alla strage nel tempio.

Il maggior generale Zaw Min Tun, portavoce della giunta, oggi, mercoledì 15 marzo, ha respinto ogni accusa e ha indicato come responsabili dell’attacco i «gruppi terroristici», ovvero i ribelli locali. 

Il colpo di stato 

Nel 2021, a seguito della vittoria nelle elezioni del 2020 di Aung San Suu Kyi, a capo della Lega nazionale per la democrazia, il generale Min Aung Hlaing ha contestato i risultati del ballottaggio.

L’esercito del Myanmar ha arrestato e detenuto la leader e altri membri del governo, mentre i media locali hanno annunciato il colpo di stato e lo stato emergenziale nel paese per un anno.
Nel 2021 il capo dell’esercito, Min Aung Hlaing, si è autoproclamato primo ministro.
Dal golpe, la polizia ha ucciso circa 2.900 abitanti della Birmania e ne ha arrestati oltre 17mila.

L’attacco al tempio

Secondo quanto riferito dalla Karenni Nationalities Defence Force, gruppo armato in lotta contro il governo militare, l’aviazione e l’artiglieria dell’esercito avrebbero bombardato il villaggio di Nan Nein alle ore 16 locali, per poi giustiziare i residenti rifugiatisi nel monastero.

In un video diffuso dalla Kndf, alcuni dei cadaveri indossavano le vesti arancioni tipiche dei monaci buddisti e sembravano riportare multiple ferite da arma da fuoco.
Lo stesso gruppo armato ha dichiarato alla Bbc che dal 25 febbraio, con l’avanzata della giunta verso Nan Nein e il monastero, gli scontri con i ribelli sono aumentati.

Il villaggio non solo si trova in un punto che la giunta ritiene nevralgico per il rifornimento dei gruppi armati locali, ma è anche terreno di scontro per gruppi etnici contrapposti. Secondo alcuni media locali, gruppi Karenni avrebbero preso di recente alcuni villaggi, provocando in risposta i bombardamenti dell’esercito.

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