Il precario stato di salute di Silvio Berlusconi, drammaticamente riproposto in questi giorni, obbliga ad una riflessione sul partito che guida.
Forza Italia, tra le sue tante peculiarità o anomalie, detiene il record assoluto, tra tutte le democrazie consolidate, di durata della leadership.
Dal 1994 ad oggi Silvio Berlusconi ha ininterrottamente ricoperto la carica di presidente affidando l’incarico di “coordinatore” per le attività ordinarie a qualche suo collaboratore.
Tutti, peraltro, o finiti in guai giudiziari o usciti dal partito. Se la rivoluzione mangia i suoi figli, Forza Italia ne ha fatto una vera indigestione.
Il problema della successione a Berlusconi alla testa del partito si era posto in maniera pressante a fine 2012 quando lo stesso leader accondiscese all’ipotesi, avanzata dal coordinatore Angelino Alfano, di organizzare delle primarie interne. Ma quella ipotesi svanì nel nulla nel giro di poche settimane per il ripensamento dello stesso Cavaliere.
Avendo deciso di rimanere in sella, non c’era più spazio né motivo per una competizione interna. In effetti, la leadership era oggettivamente, e inevitabilmente, non contendibile, in questo caso.
Ciò non dipende tanto dal fatto che Forza Italia è una sua creatura, un “prodotto” di cui è stato l’ideatore e l’icona assoluta. E non dipende nemmeno dalle indubbie qualità politiche e comunicative del Cavaliere. Anche Umberto Bossi venne accantonato.
Il punto è che Forza Italia è un partito di “proprietà” del leader perché senza le sue risorse mediatiche e finanziarie – FI si regge grazie a una fidejussione di 90 milioni di euro garantita dallo stesso Berlusconi – il partito non vivrebbe.
Questi peculiari aspetti strutturali di formazione patrimonialista rendono oggi particolarmente problematica la definizione di una linea politica. Infatti, le cronache delle ultime settimane, a metà strada tra il gossip e le congiure da basso impero, hanno reso evidente come non esista alcuna modalità minimamente assimilabile alle procedure democratiche e trasparenti con cui dovrebbero operare i partiti in una democrazia.
Il groviglio di interessi personali e di interventi esterni, al di là di ogni carica, che ha attraversato in maniera sempre più profonda Forza Italia negli ultimi tempi ha reso quasi irrilevante la sua presenza sulla scena politica.
A fronte dell’energia di Meloni e Salvini e della chiarezza dei loro propositi, nonché dell’ausilio che offre loro un vero partito alle spalle, Forza Italia appare una presenza residuale.
Il lungo dominio del fondatore, alla fine, ha estenuato la sua formazione, trascinandola nell’irrilevanza. In molte occasioni si è parlato di una imminente implosione di Forza Italia, venendo sempre smentiti.
Ora, affaticamento del leader, opacità di linea politica e assenza di seconde file credibili, rendono più plausibile uno scenario in dissolvenza.
© Riproduzione riservata