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La Banca Dati del sistema SIDDA/SIDNA. Concetti introduttivi (I Parte) – Sicurezza e Giustizia

di Vincenzo Abate

Il progetto informatico denominato Sidda/Sidna ha previsto la realizzazione di una Banca dati nazionale, presso la quale confluiscono tutti i dati relativi alle “informazioni” inerenti le indagini preliminari ed i procedimenti pendenti o definiti presso le singole procure distrettuali.
Nei prossimi numeri: (II) La figura dell’analista delle informazioni e la sua formazione. (III) La catalogazione del testo. (IV) L’analisi e la ricerca dei documenti. (V) La sicurezza e la tecnica del lucchettamento.

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L’auspicata “azione” repressiva dello Stato, condotta con aggressione verso il crimine organizzato, pretende di giungere ad una conoscenza complessiva del “fenomeno”, ottenibile solo attraverso una preliminare ed opportuna “circolazione” delle informazioni ad esso riferite.

Nel corso degli anni, la struttura e la dimensione dei “fenomeni” più o meno gravi posti in essere dalla criminalità di tipo organizzato, ha influenzato, in modo decisivo, le tecniche di investigazione tese a penetrare fin dentro quel tessuto criminale, caratterizzato da esempi progressivamente sempre più mutevoli e dinamici, divenendo raggruppamenti multiformi non più fissati al territorio di nascita o a propri fattori culturali.

Risulta, pertanto, sempre più difficile sviluppare un’efficace attività di contrasto al crimine organizzato, dovendosene sempre considerare le ingenti risorse a disposizione di ogni associazione criminale imperversante sul territorio nazionale [di tipo mafiosa (camorra, cosa nostra, sacra corona unita, ndrina, ndrangheta), ma anche terroristica, massonica, o eversiva in genere], oltre al relativo processo di espansione territoriale nell’ambito del quale esse trovano puntualmente il loro habitat, dove agiscono con padronanza e disinvoltura, portando a compimento i rispettivi disegni criminali.

E appena il caso di fare riferimento, ad esempio, alle allarmanti potenzialità espansionistiche sul territorio nazionale – ma anche in terra straniera -, dei numerosissimi gruppi criminali di cui è data certa la migrazione di intere famiglie per i loro affari di droga, estorsioni ed imprenditoria criminale in genere.

Una degna e redditizia attività di contrasto al crimine organizzato non può, quindi, prescindere da un approccio globale alle varie problematiche da esso scaturenti, per cui è richiesta la partecipazione di ogni settore investigativo interessato (magistratura e polizia giudiziaria), attraverso un unico coordinamento delle attività ed un continuo accrescimento delle capacità degli operatori coinvolti.

In siffatto contesto, l’indagine in tema di criminalità organizzata non può limitarsi all’individuazione degli autori del singolo delitto o delle attività illecite pertinenti quel determinato argomento, ma deve mirare ad individuare l’insieme dei fatti gravitanti intorno al crimine, in modo da consentire di cogliere ogni connessione e collegamento tra i singoli e i diversi episodi delittuosi. Si rende, pertanto, necessaria un’organizzazione dell’attività investigativa ed un metodo di lavoro fondato sulla “circolazione” delle informazioni ottenute da ciascun organo investigativo, attraverso l’elaborazione e il confronto delle stesse.

Il tipo di criminalità che si deve fronteggiare richiede di adottare tecniche di indagine e metodi operativi costruiti sulle specifiche caratteristiche dei fatti criminosi, che devono dunque essere conosciuti e memorizzati in maniera sistematica e il cui approfondimento deve essere “conservato”, “analizzato” e “messo a disposizione” di tutti coloro che operano nelle strutture [polizia giudiziaria (polizia di stato, arma dei carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale dello stato, polizia penitenziaria, polizia municipale) e magistrati]. Per combattere il fenomeno criminoso di tipo organizzato, infatti, bisogna approfondire e scambiare ogni tipo di conoscenza, rendendosi fondamentale la condivisione delle informazioni, realizzabile solo attraverso idonei strumenti tecnici ed informatici.

L’obiettivo è stato ampiamente ottenuto attraverso la creazione della “Banca dati” delle indagini preliminari (posta al servizio delle Direzioni Distrettuali Antimafia), nell’ambito del primo incarico che il legislatore ha voluto assegnare al Procuratore Nazionale, il quale ha dovuto conseguentemente organizzare la Banca dati delle investigazioni, secondo il progetto informatico denominato Sidda/Sidna (sistema informativo direzione distrettuale antimafia/sistema informativo direzione nazionale antimafia).
Il progetto [approvato dall’Autorità per l’informatica della Pubblica Amministrazione (istituita con D.Lgs. 12 febbraio 1993 n. 39)], ha previsto la realizzazione di una Banca dati nazionale, presso la quale confluiscono tutti i dati relativi alle “informazioni” inerenti le indagini preliminari ed i procedimenti pendenti o definiti presso le singole procure distrettuali [fascicoli modelli 21 (nei confronti di persone note e da identificare), 44 (nei confronti di persone ignote) e 45 (riguardante fatti non costituenti reato)], secondo il principio dell’attribuzione al Procuratore della Repubblica distrettuale di ogni “fatto” reato meglio elencato nell’articolo 51 comma 3 bis e 3 quater del codice di procedura penale.

Di tal ché, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nell’ambito delle funzioni previste dall’articolo 371 bis accede al registro delle notizie di reato, al registro di cui all’articolo 81 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché a tutti gli altri registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo accede, altresì, alle banche di dati logiche dedicate alle procure distrettuali e realizzate nell’ambito della banca di dati condivisa della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (articolo 117 comma 2 bis del codice di procedura penale. [Comma così modificato dall’art. 2, comma 1, della L. 15 luglio 2009, n. 94 e, successivamente, dall’art. 9, comma 3, lett. a) e b), D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 aprile 2015, n. 43)].

La nascita dei cosiddetti “analisti delle informazioni” ha rappresentato, poi, il tassello fondamentale attraverso il quale è oggi possibile “custodire” e “lavorare” le notizie necessarie allo svolgimento e alla prosecuzione delle indagini, attraverso l’obiettivo comune di realizzazione degli interessi. La custodia nelle Banche dati di qualsiasi documento o notizia di reato attinente alla criminalità organizzata, agevola – oggi – la “lettura” globale del fenomeno criminale da parte dei magistrati incaricati dell’esercizio dell’azione penale, oltre che di quelli impegnati nella delicata fase del dibattimento.

L’enorme patrimonio informatico rappresentato dagli innumerevoli atti giudiziari (informative di polizia giudiziaria, provvedimenti del pubblico ministero, sentenze), dalle copiosissime dichiarazioni (tra le altre, quelle esclusive rese dai collaboratori di giustizia), dagli atti non giudiziari, dai documenti e dagli atti in materia di misure di prevenzione, fornisce il valido supporto alle indagini poste in essere dall’Ufficio del Pubblico Ministero che ne dispone per il coordinamento delle indagini, sia per ogni altra esigenza processuale, fino al dibattimento; la circolazione del capitale documentale assicurato dagli atti contenenti le informazioni favorisce, in ogni caso, l’ulteriore attività di organizzazione delle indagini ed accresce il bagaglio di conoscenze investigative degli altri magistrati della Direzione distrettuale antimafia.

Con le più recenti reingegnerizzazioni della base-dati, oltre che con la rivisitazione delle regole di gestione, le nuove versioni del sistema informatico Ares – Advanced Research Engine System – hanno introdotto sostanziali ristrutturazioni nell’architettura del sistema volte ad assicurare il potenziamento delle capacità fruitive delle informazioni contenute nella Banca dati, accelerandone la disponibilità già dal momento della loro catalogazione, non dovendo essere più sottoposte ai lunghi e ormai trapassati processi di fusione.

L’importanza della Banca dati risulta, per tale principio, condizionata dalla capacità di eseguire un costante e tempestivo arricchimento del patrimonio conoscitivo delle notizie relativamente alle indagini in atto, derivandone, solo in tal modo, la sua immediata utilizzazione da parte di ogni magistrato o “poliziotto investigatore”, nell’ambito delle singole indagini. Il costruendo patrimonio conoscitivo, opportunamente organizzato ed elaborato può, solo in tal modo, costituire la base solida per un proficuo esercizio delle funzioni del coordinamento delle indagini e dell’impulso, in sede distrettuale, attraverso la distribuzione delle conoscenze di fatti o situazioni e la conseguente risposta in termini di repressione.

Le relazioni annuali della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo relative alle attività svolte sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso, evidenziano l’enorme importanza derivante da un corretto utilizzo dello strumento della Banca dati Sidda/Sidna ai fini del compimento delle più significative indagini in tema di criminalità organizzata. Da ultimo, il Procuratore Nazionale Aggiunto, dott. Giovanni Russo, magistrato responsabile del Servizio Risorse Tecnologiche e Sicurezza (delegato all’esercizio delle funzioni di coordinamento previste dall’art. 371-bis c.p.p. relativamente alle materie “Informatica”, “Telecomunicazioni”, “Elenco esperti”, “Sicurezza” nonché “Rilevazione e analisi flussi”), nella relazione annuale del 31.7.2019 (riferita al periodo 1 luglio 2017 – 30 giugno 2018), ha testualmente fatto riferimento a: “…gli sforzi profusi a partire dall’anno 2015 avevano l’obiettivo di migliorare la tempestività nella circolazione dell’informazione e la qualità dell’informazione stessa; con la Banca Dati Nazionale Centralizzata, infatti, tutti scrivono insieme (tempestività) e non ci sono più regole rigide di fusione ma è il ragionamento umano che aggrega informazioni in base al contesto nel quale sono esse inserite (qualità) e non più secondo una mera uguaglianza di dati, favorendo così la lettura aggregata delle informazioni anche se difformi tra loro. Il risultato di questo sforzo ha permesso nel 2016 e nel 2017 la distribuzione della Banca Dati Nazionale Centralizzata; oggi, tale importante cambiamento comporta che, a fronte di un qualificante ragionamento umano, una medesima informazione può essere arricchita del contributo informativo che ogni utente – in ogni sede – può apportare nello svolgimento della normale attività lavorativa di catalogazione e analisi come se tutti appartenessero ad uno stesso ufficio e come se tutti partecipassero allo stesso progetto investigativo, sia esso di criminalità organizzata o di criminalità terroristica. A tal proposito oggi può ritenersi più appropriato parlare di Sistema Nazionale SIDDA/SIDNA come di un collection center che offre servizi al network antimafia e antiterrorismo […] ”.

Ed ancora, già precedentemente, il consigliere Filippo Beatrice (nella relazione riferita al periodo 1° luglio 2012 – 30 giugno 2013), ha fatto riferimento all’“…implementazione degli inserimenti nella Banca Dati del sistema SIDDA/SIDNA, sia sotto il profilo quantitativo, che dal punto di vista della tipologia degli atti da inserire. Ciò nella prospettiva di una completa condivisione tra tutti i magistrati che compongono la DDA del patrimonio conoscitivo (invero ingentissimo) che si ricava dai molteplici dati investigativi e processuali raccolti nel corso degli anni. […] ”.

Non a caso, proprio recentemente si è voluto dare ancor maggiore risalto all’indispensabilità dello strumento informatico della Banca dati, anche attraverso il suo utilizzo in ambito europeo, con il coinvolgimento di paesi membri della Comunità, ugualmente interessati a combattere il crimine mafioso radicato anche in territorio estero.

Tra l’altro, nell’ambito del progetto “Fight against organised crime: International Cooperation in Criminal Justice”, il Ministero della Giustizia ha voluto “donare” alla Repubblica di Serbia – in perfetta adesione agli standard richiesti dall’Unione europea e compatibile con i sistemi in uso ad Eurojust – una parte del pacchetto informatico del sistema Sidda/Sidna, considerato il valore aggiunto che tale strumento è in grado di garantire nella gestione delle indagini relative al terrorismo e ai casi di criminalità organizzata.

Ancora più recentemente, attraverso la cooperazione bilaterale giudiziaria intrattenuta dall’Italia con i paesi esteri, il Ministero della Giustizia ha illustrato all’Albania il funzionamento della Banca dati e del progetto Sidda/Sidna della Direzione Nazionale Antimafia, come base della moderna ed efficiente risposta dello Stato al crimine organizzato, in grado di fornire una rapida conoscenza complessiva del fenomeno e delle sue manifestazioni.

In tale ottica si collocano pure i progetti di cooperazione, sostenuti dall’Unione Europea e riguardanti l’area Balcanica, da sempre importante crocevia di traffici illeciti, fortemente interessata anche al fenomeno del terrorismo. Nel maggio 2016 è stato creato un vero e proprio network tra il PNA e i Procuratori di diversi Paesi dell’area Balcanica occidentale (nell’ambito del progetto in cooperazione con l’OSCE in Serbia, di cui fanno parte ben 13 paesi membri), finalizzato ad un’azione di contrasto congiunta alla criminalità organizzata e al terrorismo. La finalità è quella di garantire un tempestivo scambio informativo nelle indagini in materia di criminalità organizzata e terrorismo e di agevolare tutte le attività di cooperazione internazionale, attraverso il pregevole progetto Secure Sidna Cloud, promosso nell’ottobre 2017 dalla DNA unitamente al Ministero di Giustizia, che consente di rendere disponibile il servizio SIDDA/SIDNA su una piattaforma cloud computing di interesse esclusivo di ogni singolo Stato che voglia aderirvi (dalla relazione annuale del 31.7.2019 della DNA). ©

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