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Infinite scrolling: quando la tecnologia ci rende dipendenti

Lo facciamo con naturalezza e disinvoltura come se fosse un gesto naturale e invece rischia di essere una trappola per il nostro cervello. Stiamo parlando dello «scrolling», quando scorriamo rapidamente i contenuti in rete o sui social network per trovare qualcosa da vedere. Un meccanismo che è diventato ancor più pericoloso da quando il flusso dei contenuti è stato reso senza interruzioni, da qui il termine «infinite scrolling». 

È come un pozzo senza fine, basta un rapido gesto del nostro dito sul telefono o sul mouse, e dopo un contenuto ne arriva un altro e poi un altro ancora: una foto, un video, una notizia e avanti così. Smettere di «scrollare» è più difficile di quello che sembra.

D’altra parte questa funzionalità è stata introdotta dalle principali piattaforme di social network e non solo, proprio con l’obiettivo di farci restare il più a lungo possibile in rete, agganciati a Facebook, Instagram, TikTok, ecc. senza offrirci una facile via d’uscita.

E in alcuni casi lo scorrimento dei contenuti diventa compulsivo, bulimico, con il rischio di cadere nel «doom-scrolling», una sorta di vera e propria dipendenza. Non è così insolito che alcune persone passino ore a fare scrolling senza neppure accorgersene.

Dietro a questa azione quasi inconsapevole c’è infatti una motivazione psicologica chiamata «condizionamento strumentale». Alcuni studi hanno infatti evidenziato come lo scrolling generi una vera e propria gratificazione, una sorta di piacere dovuto al rilascio di dopamina, l’ormone della felicità.

Quando dobbiamo preoccuparci? Praticamente chiunque utilizzi uno smartphone o un computer «scrolla» ma non tutti sono in pericolo. La situazione diventa seria quando risulta difficile uscire dal recinto, quando giorno dopo giorno per ottenere quel senso di gratificazione generata dalla fruizione dei contenuti aumentiamo sempre di più il tempo che passiamo incollati allo schermo alla ricerca costante di una novità.

Il rischio di assuefazione c’è e non va sottovalutato soprattutto quando il gesto dello scroll diventa quasi automatico come risposta alla noia. Se in un momento di pausa alla macchinetta del caffè, alla fermata dell’autobus, a letto prima di andare a dormire ci rendiamo conto che il nostro smartphone diventa uno strumento consolatorio, che lo utilizziamo proprio come un passatempo consumato contenuti senza impegno e attenzione è bene correre ai ripari.

Purtroppo non esistono metodi vincolanti per arginare lo scrolling ossessivo, tra gli strumenti utili ci sono però le funzioni di gestione e parental control delle singole app che consentono di indicare una soglia di utilizzo superata la quale si viene avvisati con un messaggio. In alternativa si possono utilizzare delle applicazioni di «benessere digitale» come quella di Google, Offtime e Freedom

Questi ausili rischiano comunque di essere poco efficaci se non siamo noi, in prima persona, a darci o a dare delle regole ai ragazzi. Ad esempio decidendo di non usare il telefono a tavola, quando si guarda la televisione oppure (e sarebbe una cosa molto giusta) evitare di utilizzare lo smartphone a letto, prima di andare a dormire. 

Un buon viatico è chiaramente riconoscere il problema e se ciò non avviene in modo spontaneo sentiamoci tutti coinvolti nell’essere noi ad evidenziare eventuali eccessi alle persone che ci sono vicine. Se la dipendenza appare più critica e severa esistono numerosi centri specializzati che si occupano di questi problemi. In questi casi, chiedere aiuto vale sempre la pena. 

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