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In India Lavrov incassa sostegno e aumenta il divario del G20

L’incontro ministeriale del G20 a Nuova Delhi si è concluso in un nulla di fatto, come prevedibile. Tanti i temi sul tavolo, primo fra tutti (e anche il più divisivo) è la guerra in Ucraina, a cui segue la crisi alimentare nei paesi in via di sviluppo, il cambiamento climatico, le questioni di genere e la lotta al terrorismo.

Trovare l’intesa sul conflitto in corso è lo scoglio più alto per i paesi del G20, ma il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha provato a tirare in ballo, ancora una volta, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi nella conferenza stampa con i giornalisti, citandolo come esempio e approccio da seguire nel tavolo delle trattative.

«È un uomo ragionevole che comprende la necessità di risolvere i problemi da cui dipende la nostra vita», ha detto. Del pensiero berlusconiano Lavrov ha lodato la capacità di apprezzare le sfumature della realtà, evitando di «dipingere tutto in bianco e nero» e di uniformarsi alla retorica statunitense «della lotta della democrazia contro l’autocrazia». Che si tratti di equidistanza o di giustificazionismo, consentirebbe, per Lavrov, di «non creare tensioni».

Il ministro ha fatto riferimento alle parole pronunciate da Berlusconi il 12 febbraio, quando ha detto che da premier non avrebbe incontrato Volodymyr Zelensky, proponendo come soluzione della guerra la fine degli sforzi ucraini di riprendere il controllo delle «due repubbliche autonome del Donbass». Un approccio che il Cremlino cerca anche negli altri leader europei.

Il fallimento

Ci sono state troppe divergenze «che non siamo riusciti a conciliare in quanto varie parti hanno opinioni diverse», ha detto il ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar tentando di giustificare la mancata intesa su una dichiarazione comune da parte dei membri del G20.

Le previsioni non erano diverse, la scorsa settimana la presidenza indiana del G20 aveva comunicato che non era disponibile a discutere di ulteriori sanzioni nei confronti di Mosca per evitare che ne risenta l’economia globale, ma anche per non inasprire le attuali tensioni. A Nuova Delhi Lavrov non si è ritrovato isolato.

Ancora una volta ha ottenuto il sostegno della Cina, che si è rifiutata di firmare la dichiarazione congiunta, molto simile a quella finale adottata nel G20 di Bali in Indonesia, ed è riuscito a gettare le basi per un corposo supporto derivato anche dai paesi africani. Ieri Lavrov ha anche annunciato che l’Unione africana entrerà a far parte del G20 proprio come l’Unione europea che ne è membro da diversi anni, aumentando così la sua sfera di influenza al meeting internazionale dato che Mosca può contare sulla vicinanza di alcuni stati africani.

Nella risoluzione Onu di condanna della guerra votata il 2 marzo del 2022 l’Eritrea hj votato contro mentre 17 paesi africani si sono astenuti (tra questi il Mali, la Repubblica Centrafricana, l’Algeria e tanti altri dove Mosca ha una forte presenza militare e intrecci commerciali) e nell’ultimo voto per la risoluzione di pace avvenuto al Palazzo di vetro di New York a ridosso del primo anniversario della guerra in Ucraina oltre all’Eritrea anche il Mali ha votato contro.

Strizzando l’occhio all’Africa, Lavrov ha chiesto scusa ai paesi del Sud del mondo e alla presidenza indiana per l’atteggiamento delle delegazioni occidentali «che hanno trasformato il lavoro sull’agenda del G20 in una farsa nel tentativo di scaricare la responsabilità dei fallimenti nella politica economica ad altri, in primo luogo alla Russia».

Blinken-Lavrov

C’era grande attesa a Nuova Delhi per l’incontro tra il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e Lavrov. Secondo il ministero degli Esteri russo non c’è stato alcun colloquio bilaterale per volontà degli Stati Uniti, ma i due si sono incontrati dieci minuti a margine dell’evento. Non accadeva dal gennaio 2022, prima della guerra.

«Ho chiesto a Lavrov di mettere fine a questa aggressione ingiusta e lavorare ad una pace durevole», ha detto Blinken in conferenza stampa. A Lavrov ha chiesto anche di rientrare nel trattato New Start sugli armamenti nucleari, dopo che nei giorni scorsi Putin ha firmato la sospensione dall’accordo.

Al G20 Lavrov ha utilizzato la stessa retorica russa adottata dal Cremlino nell’ultimo anno: ha accusato l’occidente di mettere a repentaglio l’accordo sull’esportazione del grano ucraino e ha chiesto che sia condotta un’indagine indipendente sul sabotaggio nel gasdotto Nord Stream.

Ma per lui è stata anche l’occasione per rivedere il suo omologo cinese, Qin Gang, a pochi giorni di distanza dal viaggio a Mosca del capo della diplomazia di Pechino, Wang Yi, che ha avuto l’obiettivo di rafforzare le relazioni bilaterali tra i due paesi e di presentare il criticato piano di “pace” proposto da Xi Jinping.

In India erano presenti anche la premier Giorgia Meloni, per i Raisina Dialogue, e il ministro degli Esteri Antonio Tajani presente al G20. Entrambi sperano che l’India faccia da paciere, al momento una soluzione lontana dalla realtà.

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 Youssef Hassan Holgado e Vincenzo Poti

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