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Il Salone del libro. No al libro di Orsini

Il Salone, il prof e il suo best seller sull’Ucraina. Il docente potrebbe essere presente il 19 maggio, ma il Festival non conferma: pessimo segnale di chiusura verso un’idea non in voga. Venerdì 19 maggio alla sala rossa del Salone del Libro di Torino […]

(DI MARCO LILLO – Il Fatto Quotidiano) – Venerdì 19 maggio alla sala rossa del Salone del Libro di Torino di fronte a 300 persone potrebbe esserci il professor Alessandro Orsini a presentare il suo libro “Ucraina, Critica della Politica Internazionale”, edito dalla nostra casa editrice Paper First. Finalmente il saggio di politica internazionale più venduto in Italia (oltre 30mila copie tra edicola e libreria) sul tema della guerra in Ucraina approderebbe al Salone del libro, la sua sede naturale.

Sarebbe un bell’evento insomma ma, a meno di un colpo di scena che noi auspichiamo, Orsini non ci sarà.

Quello spazio è disponibile (a oggi) perché inizialmente era destinato dal Salone alla presentazione di un altro libro di un autore della nostra casa editrice, il generale Fabio Mini, che non potrà essere presente per un impegno concomitante sopravvenuto.

Eppure il Salone di Torino non sembra intenzionato a dare quello spazio al libro di Orsini. Premesso che il Salone è libero di ospitare chi vuole e che i nostri autori hanno sempre trovato accoglienza anche quando sostenevano tesi scomode, ci permettiamo di consigliare al direttore del Salone, lo scrittore Nicola Lagioia, di rivedere il diniego (del quale magari non è nemmeno informato) al libro di Orsini.

Il Salone di Torino si terrà dal 18 al 22 maggio e, come ogni anno, a febbraio l’organizzazione ha chiesto alla Paper First(presente al Salone dalla sua fondazione con un suo stand, pagato lautamente) di presentare un elenco di proposte di autori e libri. Accanto alla presentazione di Marco Travaglio (Scemi di guerra); Antonio Padellaro (Confessioni di un ex elettore); Fabio Mini, (L’Europa in guerra), Paper First ha proposto subito al Salone di inserire nel cartellone una presentazione dedicata esclusivamente al libro di Orsini, uscito l’estate scorsa ma mai presentato al Salone e ancora ai primi posti della classifica dei saggi sulle relazioni internazionali.

L’organizzazione ci ha accordato subito le sale per Travaglio e Padellaro e poi anche per Mini. Non rispondendo mai su Orsini.

Quando la data si avvicinava, Paper Firstha chiesto espressamente uno spazio per il professore e il suo libro. Il Salone ha evitato di replicare sul punto Orsini. A quel punto Paper First ha provato a inventare un dibattito sul titolo “La guerra in Europa” del generale Mini con Orsini e Alessandro Di Battista. La risposta del Salone è stata positiva. Però Mini nel frattempo era divenuto indisponibile per un impegno sopravvenuto. A questo punto abbiamo scritto al Salone per comunicare che avremmo voluto usare lo spazio inizialmente dedicato al libro del generale Mini per Orsini e il suo libro.

Il Salone però ci ha fatto sapere che ritiene “il libro di Fabio Mini possa completare meglio il programma su un argomento che è comunque già molto presente. Nulla osta se Mini desidera avere Orsini come interlocutore, naturalmente”. A questo punto abbiamo ribadito ieri con maggiore nettezza che vorremmo presentare il 19 maggio alle 12 il libro di Orsini e che Mini comunque non potrebbe esserci.

La sensazione alla fine del carteggio è che il Salone del Libro di Torino non voglia mettere in cartellone il libro di Orsini accettando il professore al massimo come ospite di un altro autore. Una scelta legittima che però sarebbe un brutto segnale proprio nell’ultimo anno della direzione di Nicola Lagioia, contraddistinta da apertura a tutti gli orientamenti culturali. Al suo posto infatti nel 2024 ci sarà la giornalista del Foglio Annalena Benini. L’esclusione di Orsini sarebbe un cedimento al conformismo sul tema della guerra.

Sarà pur vero che il tema è già presidiato, come ci scrivono gli organizzatori per spiegare il rifiuto. Però c’è un elemento che dovrebbero tenere a mente. Il tema composito della guerra, dell’invio delle armi, delle responsabilità e delle modalità per uscirne è caratterizzato da un’anomala asimmetria. Le opinioni rappresentate dai cosiddetti opinion maker nei media divergono spesso dalle opinioni fotografate dai sondaggi. La maggioranza degli italiani è contraria all’invio delle armi all’Ucraina ed è molto più critica sull’operato dell’occidente delle nostre élite. I dati delle vendite dei libri fotografano questa asimmetria tra domanda e offerta di opinioni. I due libri che hanno trattato il tema su posizioni opposte a quelle mainstream (cioè quelli di Travaglio e Orsini) sono i più venduti. Mentre i libri con le copertine blu e gialle e le biografie agiografiche di Zelensky, nonostante i diritti d’autore donati alla causa ucraina, non hanno infiammato il pubblico.

Il no alla presentazione del libro di Orsini al Salone di Torino sembrerebbe confermare questa dicotomia tra l’intellighenzia e il popolo, tra chi vuole orientare l’opinione verso una presunta posizione lucida pro armi e mal sopporta il confronto con l’opinione avversa. Per questo riteniamo giusto parlare in pubblico della presentazione di un libro. Non è una questione che riguarda solo i rapporti tra una casa editrice e l’organizzazione di una kermesse letteraria. Per questo invitiamo il direttore Lagioia a pensare attentamente al segnale che darebbe escludendo Alessandro Orsini quasi fosse un impresentabile per le sue tesi.

Parliamo di un professore universitario ordinario che insegna alla Luiss. I suoi libri sono stati pubblicati da prestigiose case editrici di università americane come Cornell University Press e tradotti persino in arabo. Sabato scorso è stato invitato dall’ex ministro della cultura della Tunisia a un evento. Ha scritto per la casa editrice della Luiss l’introduzione dell’edizione italiana di un libro fondamentale del politologo americano John J. Mearsheimer. È ospite fisso di una trasmissione della RAI come CartaBianca.

Il Salone può non essere d’accordo con le sue tesi e ritenerlo antipatico per il modo con il quale le espone in tv. Può legittimamente escluderlo. Non può ignorare il pessimo segnale di chiusura verso un’idea diversa da quella dominante nelle élite che esprimono la dirigenza del Salone su una questione fondamentale come la guerra.

L’organizzazione del Festival usa fondi pubblici, messi a disposizione dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte. Al pubblico dovrebbe sempre pensare quando fa le sue scelte, non solo alle posizioni dei politici e degli sponsor. La domanda che ci sentiamo di porre ai vertici del Salone del libro è questa: possibile che tra i 2mila autori presenti al Salone nel secondo anno della guerra in Ucraina non possa trovare spazio il libro più venduto sul tema?

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