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Il giallo di Rovigo: Rkia uccisa da un proiettile in testa, cosa è successo davvero?

È il 28 marzo quando le urla disperate richiamano l’attenzione del vicino di casa, Giacomo Stella, che i bambini chiamano nonno. La loro madre, Rkia Hannaoui, 32 anni, è crollata a terra. All’arrivo del pronto intervento la donna è dichiarata clinicamente morta: il suo cuore cesserà di battere poche ore dopo all’ospedale di Rovigo.

I carabinieri da subito non credono alla versione ufficiale: secondo la famiglia la donna si sarebbe accasciata a terra, forse a causa del digiuno praticato per il Ramadan, e avrebbe battuto la testa contro uno stipite. Così, secondo la prima versione resa ai militari, l’avrebbero trovata i due figli di 12 e 8 anni al ritorno da scuola.

Si inizia ad indagare sulle frequentazioni della coppia e sul legame tra Lebdaoui Asmaoui e Rkia. Ma il marito ha un alibi di ferro: al momento del decesso era al lavoro. I colleghi, braccianti agricoli dell’area di Arino Polesine, confermano.

Nel frattempo l’autopsia e la successiva Tac sul corpo della donna rileva una pallottola calibro 22 conficcata nella tempia. La tesi della caduta non regge più, si inizia a cercare l’arma del delitto. La verità emerge all’arrivo dei carabinieri nella villetta in cui la famiglia ha trovato alloggio, al piano terra di un fabbricato di proprietà di Giacomo Stella, che abita al primo piano.

È a quel punto che il racconto dei due figli della coppia non regge più: i carabinieri chiedono ai bambini di accompagnarli a ritrovare l’arma, che viene rinvenuta in un campo vicino al fiume, maldestramente sotterrata.

La dinamica su cui le forze dell’ordine paiono oggi convergere è che il figlio più piccolo abbia scovato in un cassetto dell’abitazione di Stella, pensionato e cacciatore, una calibro 22 regolarmente denunciata, l’abbia sottratta e come in un tragico gioco, abbia puntato l’arma verso la madre premendo accidentalmente il grilletto. A quel punto il fratello maggiore lo avrebbe aiutato facendo sparire la pistola e inventando il racconto della caduta.

Il padre dei bambini si proclama innocente e ribadisce di non avere coperto i figli: il piccolo avrebbe fatto tutto da solo, senza l’aiuto del fratellino maggiore, tanto meno del papà o di altri adulti. È probabile che la procura di Rovigo chieda presto conto all’anziano della scarsa cautela con la quale gestiva quella calibro 22 soprattutto in virtù del fatto che i bambini avevano libero accesso alla sua abitazione.

Il pensionato polesano nega al momento ogni addebito. «La pistola era in camera mia, in un cassetto chiuso», si difende, «avevo creduto da subito che i bambini sapessero più di quanto dicevano, ma credo che il padre non sappia nulla. E il loro papà secondo me non sospettava nulla: se poi verrà fuori che ha mentito l’avrà fatto solo per coprire i suoi bambini, per proteggerli». Intanto il padre e i piccoli si sono rifugiati a casa dello zio, a pochi chilometri da Ariano Polesine. Una casa moschea, ritrovo per i molti musulmani della zona e luogo protetto per una tragedia che ha lacerato la comunità.

«L’omicidio è da ritenersi, allo stato, di natura colposa, frutto di condotta accidentale» conferma il procuratore Manuela Fasolato. Vista l’età il bambino non può essere perseguibile e ora il fascicolo passa nelle mani della Procura per i minorenni di Venezia. Ancora aperta invece la posizione dell’anziano: le forze dell’ordine intendono verificare se davvero l’arma conservata in un posto sicuro come Stella (che in passato aveva già avuto guai per la detenzione di un fucile non dichiarato) ha affermato.

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