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Effetto Schlein: per la Sinistra si chiude una porta ma (forse) si apre un portone

(Ferdinando PezzopaneGiorgio De Girolamo – lafionda.org) – “Ancora una volta non ci hanno visto arrivare”. É con una raffinata citazione tratta dalla tradizione femminista che Elly Schlein ha abbozzato i tratti essenziali di una vittoria inaspettata contro ogni – evidentemente mal costruito – pronostico. Un’affermazione che cozza fortemente con il sostegno incassato da parte della neo segretaria, già a partire dai primi giorni della sua candidatura, di navigati esponenti della classe dirigente nazionale del Pd come Dario Franceschini, Goffredo Bettini, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti. Chi, forse, per sincera coscienza che le fondamenta tardo-blairiane del Pd del Lingotto non sono più idonee al tempo presente. Chi per assenza di altri “cavalli” su cui puntare e per il fiuto della novità espressa dall’outsider (“i democristiani non sbagliano mai”, ha chiosato Gianfranco Rotondi, riferendosi al leader romagnolo per quasi un decennio ministro della Cultura e che, a parte la propria, non ha mai sostenuto una candidatura perdente alle primarie). Tutti comunque uniti dall’obiettivo di tenere salda la regia del sia pur necessario cambiamento.

Eppure il profilo di Elly Schlein non può essere propriamente definito come quello di un outsider: parliamo infatti di una politica che abbiamo visto più volte impegnarsi sempre all’interno dell’alveo di centrosinistra al Parlamento europeo, alla guida della regione rossa per antonomasia e infine alla Camera, essendosi precedentemente assicurata un posto come indipendente all’interno delle candidature del Partito Democratico.

Un volto noto, sicuramente apprezzato dai giovani elettori e dalle giovani elettrici, ma che non hai mai spiccato per radicalità, per quanto sulla carta si presentasse come il simbolo di una nuova politica femminista ed ecologista.

Viene dunque da chiedersi come possa un profilo di questo tipo, sostenuto da una parte importante, seppur non propriamente maggioritaria, dell’apparato interno del Pd stravolgere quella formazione politica che sin dalla sua nascita si è sempre immaginata come un partito post-storico e basato sulla conciliazione delle più disparate tradizioni politiche italiane (socialista, comunista, cattolico-sociale, liberal-democratica).

È con spirito critico e occhio vigile che riteniamo sia opportuno accogliere la vittoria di Schlein alle primarie. Seppur senza pregiudiziali e riconoscendo al tempo il ruolo di fornirci risposte. Una però siamo già in grado di darne. Con un Pd a guida Bonaccini l’acquisita vocazione macronista e i legami col Terzo Polo che si sarebbero instaurati avrebbero lasciato maggiori spazi di manovra a una nascente formazione radicale ecologista a sinistra del Pd: non certo con vocazione maggioritaria ma con la legittima ambizione di raggiungere l’8-10% per dar voce nel paese (e lo si può fare solo quando si supera la soglia di sbarramento) a mobilitazioni sociali e gruppi di interessi che non sono certo risibili. E che, soprattutto, stanno fuori dalle Ztl che del milione di elettori delle primarie della scorsa domenica hanno fornito a Schlein il vantaggio relativo per spuntarla sulla mozione rivale (non dimentichiamo infatti come nella geografia del voto abbia vinto di misura nelle città, perfino nei principali capoluoghi del regioni meridionali in cui Bonaccini ha vinto).

É possibile un Pd di sinistra? – si è chiesto Lorenzo Zamponi dalle pagine di Jacobin Italia. Pur in attesa della composizione della segreteria, dall’assemblea nazionale del Pd è emersa una direzione nazionale che sembra essere a cavallo di due diversi mondi, una mediazione quindi tra quelle correnti che animano da sempre il partito che la neo segretaria si accinge a guidare. Al suo interno vediamo infatti componenti provenienti da vari movimenti (vedasi l’ingresso nella direzione di Jasmine Cristallo, attivista delle Sardine e Sarah Brizzolara, ex attivista di Fridays For Future – Milano) e chiaramente la classe dirigente del Partito Democratico. Una direzione plurale, che ci invita a riflettere su quale possa essere la reale capacità da parte di Schlein di rivoluzionare un soggetto politico che vede quasi del tutto inalterata la propria composizione interna. Non si deve dimenticare infatti che, nonostante i 10 mila nuovi iscritti, la base e la dirigenza locale e anche nazionale cui la neo segretaria deve rispondere è quella che ha fatto prevalere al voto nei circoli il suo avversario. Pur legittimata dall’esito delle primarie aperte ai non iscritti con essa Schlein pare non voler rompere avvalendosi del consenso ottenuto preferendo bensì trattare. “Troveremo insieme i modi e le forme” è l’adagio a cui le piace (fin troppo) spesso ricorrere. Soventi sono anche i riferimenti all’unità interna, che hanno trovato una prima continuità nella sua proposta di presidenza del partito al già ex rivale Stefano Bonaccini.

Se da un lato c’è il rischio che la vittoria di Schlein si risolva nella mera conquista da parte del Pd di una contrapposizione mediatica efficace da opporre alla destra meloniana (anche sul piano degli antitetici modelli di leadership femminile), dall’altro c’è la possibilità che nel medio-termine – per quanto nell’immediato si possa chiudere lo spazio di manovra delle formazioni a sinistra del PD – sulla base della ri-politicizzazione del dibattito pubblico, con una rinnovata contrapposizione tra destra e sinistra, possano nascere nuove realtà radicali che alzino il livello delle rivendicazioni.

Un passaggio non scontato e che prevede la capacità da parte dell’attuale ecosistema di movimenti e formazioni politiche di sinistra di riuscire a caratterizzare maggiormente le proprie differenze rispetto allo spazio di centrosinistra. Se il Pd resterà unito e programmaticamente immobile quanto a rapporto con Stato, Capitale e sfide globali del nostro tempo (che impongono radicalità e ricerca del conflitto sociale piuttosto che del governo ad ogni costo), senza risolvere quindi i suoi vizi originari e superando l’accettazione dello stato di cose esistente, alla Sinistra spetterà il compito di far emergere tali contraddizioni ambendo a costruire una formazione di vocazione ecologista e sindacale che possa fare concorrenza all’effetto Schlein.

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