Addio al sogno di ritornare a sedere sulla poltrona di sindaco di Catania a 35 anni dalla prima elezione. Enzo Bianco è stato eliminato dalla competizione elettorale con cui a maggio sarà scelto il nuovo primo cittadino della città etnea. La sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti siciliana, accogliendo parzialmente il ricorso della procura generale, ha dichiarato Bianco incandidabile per i prossimi 10 anni, imponendogli inoltre il divieto per lo stesso periodo di ricoprire cariche pubbliche.
Sotto processo per il dissesto finanziario del comune, determinatosi tra il 2013 e il 2018 quando Bianco era sindaco, c’erano il primo cittadino, la giunta del periodo e i revisori dei conti. Si tratta degli ex assessori Luigi Bosco, Rosario D’Agata, Giuseppe Girlando, Orazio Antonio Licandro, Salvatore Di Salvo, Marco Consoli Magnano di San Lio, Angelo Villari e Valentina Odette Scialfa Chinnici.
La corte ha inoltre disposto il divieto per Calogero Cittadino, Natale Strano, Fabio Sciuto, Francesco Battaglia e Massimiliano Carmelo Lo Certo di essere nominati per sei anni nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti e organismi agli stessi riconducibili.
Segnali ignorati
Il collegio dei giudici presieduto da Giuseppe Aloisio non ha avuto dubbi sulla responsabilità contabile degli ex amministratori. «L’avere ignorato i molteplici segnali di sofferenza finanziaria dell’ente – si legge nella motivazione – è stato indice di grande trascuratezza e di inammissibile superficialità, meritevoli di essere sanzionate».
C’erano stati dei segnali che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare: «Gli alert provenienti nell’arco di un quinquennio e soprattutto in una situazione prossima al dissesto e con un piano di riequilibrio già approvato dalle deliberazioni della Sezione di controllo e dallo stesso Collegio dei revisori che ha colpevolmente disatteso non potevano sfuggire ai componenti della Giunta». Invece il Comune sprofondò nel baratro del dissesto finanziario.
Una doccia fredda
Nelle scorse settimane Bianco aveva ufficializzato la sua discesa in campo per le amministrative di maggio, anticipata da Domani, ma ieri sera una telefonata ricevuta mentre partecipava ad un convegno ha sconvolto i suoi piani.
Per i prossimi dieci anni l’ex ministro dell’Interno, 72 anni, non potrà candidarsi alle cariche di sindaco, di presidente di Provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei Consigli comunali, dei Consigli provinciali, delle assemblee e dei Consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo.
Una doccia fredda per il candidato che il quotidiano “La Sicilia” in un sondaggio commissionato dall’associazione “Catania nel cuore”, presieduta da Mario Crocitti, già consigliere comunale e uomo di Bianco, dava per vincente contro ogni avversario.
Il punto di vista di Bianco
Appresa la notizia, Bianco, condannato a pagare al comune di Catania poco meno di 40mila euro, si è chiuso in conclave con i suoi legali per studiare la sentenza e sabato primo aprile, poco prima di mezzogiorno, è arrivato il definitivo addio alla competizione elettorale.
Con qualche polemica: «Tutti i vari pronunciamenti di questi anni avevano ridotto la pena e cancellato l’interdizione», protesta Bianco, «sorprende invece che, a due mesi dal voto amministrativo, quest’ultima sentenza si pone in evidente controtendenza. E impedirà ai catanesi di potersi esprimere sulla mia persona. È chiaro che io non mi arrenderò mai, lavorerò per cancellare questo obbrobrio giuridico».
Per Bianco, «chi ha causato realmente il dissesto l’ha fatta franca. Chi ha lavorato per evitarlo, come me e la mia giunta, viene punito». La sentenza è esecutiva, c’è un tempo di 60 giorni per fare ricorso in Cassazione. Troppo poco visto che il 28 e il 29 maggio i catanesi sono chiamati al voto.
Cosa cambia a Catania
La caduta di Bianco spariglia le carte nella politica catanese. L’ex ministro era sostenuto dall’ex sottosegretario grillino Giancarlo Cancelleri, dal leader di Azione Carlo Calenda e aveva ricevuto il pesante endorsement del leader della Dc Nuova Totò Cuffaro, già condannato per favoreggiamento alla mafia.
La sentenza crea una vera e propria voragine in quell’area di centro che Bianco, già scaricato dal Pd del segretario regionale Anthony Barbagallo («Mai il Pd e Bianco sono stati così distanti»), rappresentava ai piedi dell’Etna.
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