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Trovato il covo di Matteo Messina Denaro: è a Campobello di Mazara, il paese dell’autista – Il Riformista

A pochi passi dal feudo di Castelvetrano, non hanno trovato armi ma solo oggetti di lusso

Elena Del Mastro — 17 Gennaio 2023

Trovato il covo di Matteo Messina Denaro: è a Campobello di Mazara, il paese dell’autista

A meno di 24 ore dall’arresto di Matteo Messina Denaro alla clinica Maddalena di Palermo, è stato individuato l’appartamento dove si sarebbe nascosto il boss nell’ultima parte della sua latitanza. I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo a Campobello di Mazara, nel trapanese, a pochi passi da Castelvetrano, storico feudo del boss. Si tratta del paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, l’autista che aveva accompagnato Messina Denaro in clinica, arrestato insieme al boss.

Subito sono scattate le perquisizioni nell’appartamento che si trova al centro del paese. Per tutta la notte gli agenti hanno setacciato palmo a palmo l’edificio coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull’ex latitante di Cosa nostra. Il covo è stato scoperto dai carabinieri del Ros e dai colleghi del comando provinciale di Trapani che stanno conducendo l’indagine assieme alla procura di procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia.

Si cerca qualsiasi indizio o elemento che possa essere utile a individuare chi negli ultimi anni ha coperto la latitanza del boss e anche i segreti di cui da 30 anni è custode. Per il momento non è ancora chiaro cosa abbiano trovato all’interno i militari del Ros e se ci sia traccia del cosiddetto “Archivio di Riina”, le carte che erano nel covo del capo dei capi in un appartamento a Palermo e che non venne perquisito subito dopo l’arresto avvenuto esattamente 30 anni fa.

I militari hanno transennato l’area e impediscono a chiunque di avvicinarsi. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, all’interno del covo sono stati trovati diversi capi di abbigliamento firmati e dei profumi, a conferma dello stile di vita di Matteo Messina Denaro che amava i capi costosi e il lusso. Non ci sono armi ma solo oggetti di lusso. I carabinieri stanno cercando il nascondiglio dell’archivio della primula Rossa che secondo molti pentiti contiene la risposta a molti dei segreti della stagione delle stragi.

Ma gli investigatori ne sono certi: la latitanza del boss non sarebbe potuta durare così a lungo se non con l’aiuto di fiancheggiatori, e non pochi. E così è scattata la caccia a chi possa aver coperto e favorito quella illustre fuga. A partire da Giovanni Luppino, l’autista del boss, 59 anni, al secolo agricoltore che non risulta aver mai avuto rapporti con le famiglie mafiose locali. Si cercano elementi come i cellulari che avevano addosso con la speranza di trovare indizi che possano raccontare come funzionasse quella rete. Poi c’è il vero Bonafede, quello del documento vero a cui è stata sostituita la foto. Fermato dalle forze dell’ordine avrebbe fatto scena muta.

“C’è stata certamente – afferma il procuratore di Palermo de Lucia – una fetta di borghesia che negli anni ha aiutato Matteo Messina Denaro e le nostre indagini ora stanno puntando su questo“. Secondo quanto riportato da Repubblica, capitolo d’interesse anche per il gruppo “Stragi” della procura nazionale. Perché forse è proprio nei segreti e nei misteri di quella stagione che sta la chiave di una latitanza durata trent’anni.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

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