L’assurda storia di Gianluca Cimminiello e della sua famiglia beffata dallo Stato
Elena Del Mastro — 1 Febbraio 2023

Gianluca Cimminiello aveva 32 anni quando fu brutalmente assassinato a colpi di pistola a Casavatore, provincia di Napoli, da esponenti del Clan Amato-Pagano. Era il 2 febbraio 2010. Ma il Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza presentata dalla mamma di Gianluca per ottenere il riconoscimento previsto dalla legge del 1990 per i parenti delle persone uccise senza colpa dalle mafie. Il motivo? La madre nel 1985, 40 anni fa, denunciò per violenze il marito e si costituì anche parte civile nel processo. Dopodichè troncò completamente tutti i rapporti con lui e la sua famiglia. Ma tra i parenti del marito c’era qualcuno con precedenti penali. E il legame di parentela con persone sconosciute è bastato a bloccare tutta la pratica.
“Mia madre ebbe coraggio a denunciare nostro padre – ha detto a Repubblica Susy Cimminiello, sorella di Gianluca – Lo fece per tutelare noi figli e da allora ha chiuso ogni rapporto con lui e con la sua famiglia. È assurdo che, dopo quasi quarant’anni, proprio per questo gesto coraggioso lo Stato ci debba negare il riconoscimento di vittime innocenti della camorra. Non lo meritiamo noi, non lo merita nostra madre ed è ingiusto nei confronti di mio fratello e della sua storia. Così ci fanno sentire vittime non una, ma tre volte“.
La vicenda di Gianluca Cimminiello
A raccontare la triste e assurda vicenda è Repubblica. Le sentenze hanno ricostruito cosa successe e il motivo dell’assurda morte del giovane tatuatore. Gianluca aveva pubblicato sui suoi social una foto insieme a Ezequiel Lavezzi, il calciatore argentino che all’epoca giocava nel Napoli. In realtà dopo si scoprì che era un fotomontaggio ma tanto bastò a scatenare le invidie di un collega di Gianluca che chiese l’intervento a dei malavitosi legati al clan Amato- Pagano di punirlo e minacciarlo. Così un gruppo di malavitosi fece irruzione nel negozio di tatoo di Gianluca con l’obiettivo di picchiarlo. Ma lui che era allenatore di kickboxing ebbe la meglio e li mise in fuga. Qualche giorno dopo il commando tornò e lo uccise a colpi di pistola.
La pratica bloccata
Le indagini e le sentenze hanno stabilito l’assoluta estraneità di Gianluca agli ambienti criminali. Stesso discorso per le verifiche delle forze dell’ordine e della prefettura sulla madre e le sorelle. Salvo risultare nell’istruttoria ministeriale la presenza, tra gli “affini entro il quarto grado “, come stabilito dalla normativa, di quattro parenti dell’ex marito della donna (nel frattempo deceduto) che risultano avere precedenti penali. La cosa incredibile è che la signora non ha mai conosciuto queste persone avendo troncato ogni rapporto con quel ramo familiare. E così sarebbero venuti meno i requisiti per ottenere lo status di vittima innocente. La mamma di Gianluca ha citato in giudizio il Viminale. La prima udienza si è celebrata a dicembre, la prossima è fissata per giugno.
Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.
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