L’odissea dell’avvocato
Roberta Caiano — 18 Marzo 2023
Giancarlo Pittelli è da ieri un uomo libero. Libero di varcare la soglia di casa, dopo tre anni e tre mesi di custodia cautelare, libero di difendersi finalmente ad armi pari con l’accusa del procuratore Nicola Gratteri. Colui che lo accusava nelle conferenze stampa di far parte di quell’ “area grigia” di professionisti e massoni che agevolavano le cosche, la “borghesia mafiosa”. “Sereno come sono sempre stato – le sue prime commosse parole – sicuro del fatto che prima o poi emergerà la verità in ogni sua sfaccettatura”.
È stata un’ordinanza del tribunale del riesame di Reggio Calabria, dove l’avvocato catanzarese subiva una “coda” del concorso esterno in associazione mafiosa per cui viene processato a Catanzaro, a togliergli definitivamente le manette, ad accogliere la richiesta di revoca della custodia cautelare presentata dai suoi avvocati Guido Contestabile, Salvatore Staiano e Gian Domenico Caiazza. Amaro, pur nella soddisfazione, il commento del Presidente nazionale delle Camere Penali. “Finalmente viene ridata dignità a Giancarlo Pittelli. Ma è uno scandalo che abbia dovuto subire tre anni di carcere preventivo. Ora potrà affrontare i suoi processi da uomo libero”.
È bello poter uscire di casa, poter rivedere gli amici, passeggiare, andare al ristorante. Ma la più grande soddisfazione a Giancarlo Pittelli era arrivata il mese scorso, quando un altro tribunale, la seconda sezione penale di Catanzaro, dopo due incoraggianti sentenze della cassa zione, era stato lapidario con l’ordinanza in cui annullava la custodia cautelare dell’avvocato nel processo Rinascita Scott. Così i giudici valutavano il comportamento dell’avvocato: “Tale condotta non è qualificabile come concorso esterno in associazione mafiosa, per carenza dell’elemento oggettivo della fattispecie del nesso causale tra condotta contestata e aiuto concreto al sodalizio, richiesto indefettibilmente per la configurabilità del delitto ex art. 110-416 bis del codice penale”. Pittelli non è un mafioso, avevano scritto sulla roccia i giudici. Ben altro occorre, avevano stabilito, perché ci sia un nesso di causalità tra un determinato comportamento e l’attività delle cosche.
Principi che gli uomini della Procura di Catanzaro e a maggior ragione il dottor Gratteri dovrebbero ben conoscere. E vengono i brividi a rivedere le immagini di quel 19 dicembre del 2019, con un blitz di centinaia di persone in tutta la Calabria, e la conferenza stampa che ne era seguita, in cui dai toni pareva che, con la cattura di un famoso avvocato, l’antimafia calabrese avesse azzerato il vertice assoluto della ‘ndrangheta. Il processo Rinascita Scott è da tempo un’anatra zoppa. Governato da un tribunale le cui componenti sono incompatibili e già più volte ricusate, vive solo grazie a piccoli drappelli di “pentiti” vecchi e nuovi, interni e anche esterni che spuntano come funghi. Del resto è sempre stato così in questo tipo di inchieste, quando il teorema accusatorio si sta sgretolando, arriva qualche nuovo o vecchio “pentito” di complemento a dare l’aiutino. Ma servirà a poco, perché la prossima tappa per Pittelli sarà la più piena assoluzione da ogni accusa. Perché il fatto non sussiste.
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