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Non solo Messina Denaro, al «carcere duro» sono detenuti altri 745 e non tutti mafiosi

La cattura del boss mafioso Matteo Messina Denaro è stata accompagnata dalla dichiarazione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha rivendicato come «Messina Denaro andrà al carcere duro perché quell’istituto esiste ancora grazie a questo governo».

In realtà, Meloni fa confusione. In realtà il primo decreto legge del suo governo ha riguardato il carcere ostativo e non quello che gergalmente si chiama «carcere duro», ovvero il regime detentivo del 41 bis, dall’articolo dell’ordinamento penitenziario che lo disciplina. Il carcere ostativo, infatti, è un regime ancora più afflittivo che prevede il “fine pena mai” ed è stato dichiarato parzialmente incostituzionale da una sentenza costituzionale.

I due regimi, però, spesso sono associati, anche se non è automatico: il 41bis riguarda le condizioni alle quali la pena viene scontata, il 4bis riguarda invece le regole di accesso ai benefici penitenziari, impediti nel caso in cui i detenuti per mafia e terrorismo non collaborino con la giustizia, dando prova di allontanamento dal contesto criminale. Entrambi i regimi, che sono misure eccezionali, hanno sollevato dubbi di costituzionalità sia per la Consulta che la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Come funziona

Questo tipo di detenzione prevede restrizioni aggiuntive per il detenuto e viene disposta «in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza», deve essere «motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza», ha una durata prevista e viene modulato. Vista appunto la sua eccezionalità, la misura deve essere firmata dal ministro della Giustizia, su richiesta della procura.

In concreto, il regime prevede che il detenuto sia tenuto in una cella singola e sotto sorveglianza 24 ore su 24. Le visite sono ridotte a una al mese e della durata di un’ora, con il visitatore, che può essere solo un familiare o convivente o l’avvocato, separato da un vetro per evitare contatto fisico. È prevista la censura della corrispondenza e delle riviste o dei libri da leggere, è limitatissima anche la possibilità di ricevere oggetti dall’esterno. Infine, ogni detenuto ha diritto a non più di due ore d’aria al giorno e in gruppi di non più di quattro persone, associate dalla direzione del carcere sulla base dei reati commessi. Infine, la partecipazione alle udienze è inoltre esclusivamente da remoto.

I numeri

Secondo i numeri forniti dal ministero della Giustizia, al novembre 2021 in Italia ci sono 749 detenuti al 41 bis, di cui 13 donne. Solo 12 istituti carcerari hanno la sezione dedicata a questo regime per gli uomini, mentre ne esiste solo una per le donne ed è quello dell’Aquila, dove nell’ala maschile è stato portato anche Messina Denaro.

Inoltre, anche tra questi detenuti speciali esistono ulteriori distinzioni per livello di pericolosità. Per esempio, i boss mafiosi vengono detenuti in un regime ancora più restrittivo nelle cosiddette “aree riservate”, dove l’isolamento è ancora maggiore.

Contrariamente a ciò che si pensa, il regime del 41bis non equivale necessariamente ad una condanna all’ergastolo. Dei 749 detenuti, solo 298 sono condannati all’ergastolo e di questi solo 209 in via definitiva. L’età media di questi detenuti è piuttosto alta, tanto che alcuni di loro sono ultraottantenni. Recentemente è morto in questo regime Raffaele Cutolo: aveva ottant’anni, di cui 57 trascorsi in cella.

I casi

Le donne detenute sono per la maggior parte mogli di boss delle varie organizzazioni criminali che hanno preso il comando dopo l’arresto dei mariti. La più nota è forse Maria Licciardi, detta lady camorra, arrestata nel 2021 dai Ros mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto a Malaga. La donna è considerata uno degli elementi di vertice dell’alleanza di Secondigliano e a lei è ispirato il personaggio di Chanel, nella serie Gomorra. Non solo mafiose e camorriste, però. Tra le donne al 41 bis c’è anche la brigatista Nadia Desdemona Lioce, leader delle nuove Brigate rosse e tra i membri del commando che uccise i giuristi Massmo D’Antona nel 1999 e Marco Biagi nel 2002. Arrestata nel 2003 e condannata all’ergastolo, da allora è detenuta all’Aquila in regime di carcere duro.

All’Aquila, inoltre, sono detenuti anche il reggente del mandamento di Santa Maria del Gesù di Palermo, Carlo Greco, il boss della ‘ndrangheta Pasquale Condello, detto ’U Supremu e il camorrista Paolo Di Lauro.

Tra i più giovani detenuti al 41 bis c’è anche Leandro Greco, poco più che trentenne e considerato capomandamento di Cianculli sulle orme del nonno, il “papa di Cosa nostra” Michele Greco. Condannato a 12 anni con rito abbreviato per aver tentato di ricostituire la cupola mafiosa dopo la morte di Totò Riina, sono state rifiutate tutte le sue domande di attenuamento del regime carcerario perchè è considerato ancora una figura di riferimento per la cosca.

Dopo Messina Denaro, il detenuto più tristemente famoso oggi che sta scontando la pena al 41 bis è l’anarchico Alfredo Cospito.

La misura è stata disposta nel maggio scorso e da quasi 90 giorni Cospito è in sciopero della fame nel carcere di Sassari, per protestare proprio contro questo regime carcerario che lui considera ingiusto. Intellettuali e giuristi hanno firmato un appello per la revoca della misura nei suoi confronti, viste le sue sempre più precarie condizioni di salute.

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