Cara Avvocata, sono sposato da 15 anni, abbiamo due figli di 5 e 10 anni. Dopo la nascita del secondo figlio, mia moglie ha cambiato atteggiamento nei miei confronti: ha iniziato a svalutarmi anche davanti ai figli e agli amici, a negarmi ogni gesto di intimità e anche i rapporti sessuali ormai da quasi tre anni. Mi fa vivere in un deserto affettivo. Questa situazione mi ha distrutto psicologicamente, ero depresso; chiedere affetto ed essere rifiutati è un’esperienza che ti ferisce profondamente, è una violenza silenziosa. Oggi ho trovato la forza di separarmi grazie all’aiuto di un terapeuta e all’amore di un’altra donna. Credo di avere il diritto di amare e di poter essere ricambiato e apprezzato. Le chiedo se questa nuova relazione possa essere utilizzata da mia moglie per addebitarmi la separazione e allontanarmi dai miei figli.
Filippo
Valeria De Vellis, avvocatessa specializzata in diritto di famiglia, della persona e delle successioni
Caro Filippo, il tradimento è certamente una violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio, in particolare dell’obbligo di fedeltà, ma la Corte di Cassazione ha affermato ripetutamente, anche con la recente pronuncia del 22 settembre 2022, il principio per cui la separazione non può essere addebitata a chi tradisce perché il coniuge si sottrae volontariamente, da tempo, ai rapporti sessuali.
Secondo la Corte di Cassazione è, infatti, necessario verificare il nesso di causalità, e cioè il rapporto di causa/effetto, tra la crisi coniugale e i comportamenti che l’hanno determinata
Nel suo caso, mi sembra evidente che l’unica, vera causa della separazione sia l’assenza di rapporti sessuali e affettivi tra lei e sua moglie voluta da quest’ultima, la mancanza di un rapporto felice e appagante, di cui il tradimento è conseguenza e non certo causa.
La famiglia, anche per la nostra Costituzione, è luogo di incontro e di vita comune nel quale la personalità di ogni individuo si esprime, si sviluppa e si realizza attraverso reciproche relazioni di affetto e di solidarietà. La famiglia non può mai essere un territorio di compressione e mortificazione dei diritti irrinunciabili dell’individuo.
Pertanto, il prolungato rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e spesso irreversibili danni alla salute fisica e psicologica, è una gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner, un’aggressione ai suoi diritti inviolabili, che si traduce nella violazione del dovere di assistenza morale tra i coniugi previsto dalla legge (dall’articolo 143 del codice civile).
Infatti, il dovere di assistenza si concretizza nel matrimonio nel soddisfacimento delle giuste esigenze fisiche e morali di ciascun coniuge nei confronti dell’altro, per cui il diniego ingiustificato del rapporto sessuale, ma anche semplicemente di un bacio, di una carezza, di un apprezzamento, si configura come ingiuria grave nei confronti dell’altro coniuge. È un insulto, un affronto intollerabile, che può giustificare l’addebito della separazione e anche il diritto del coniuge deprivato dell’affetto a ottenere un risarcimento del danno. In tal caso, ovviamente, non basterà provare il comportamento del coniuge “anaffettivo”, ma sarà necessario dimostrare in causa il danno per la salute psico-fisica del coniuge che lo ha subito per un lungo periodo di tempo.
L’indifferenza affettiva di un coniuge verso l’altro può addirittura integrare un reato. Con una recente pronuncia del 25 novembre 2021, la Corte di Cassazione ha decretato che va condannato per maltrattamenti in famiglia il coniuge che mostra disinteresse verso i bisogni affettivi dell’altro, se questo atteggiamento è accompagnato da continue critiche, offese e vessazioni, fisiche o morali. Dunque, il disinteresse nei confronti del coniuge diventa reato di maltrattamenti quando il comportamento del marito o della moglie si traduce nell’inosservanza cosciente e volontaria dell’obbligo di assistenza morale e affettiva. Obbligo che ha la finalità di garantire che il partner non sia mai lasciato solo e abbandonato a sé stesso in caso di difficoltà.
Quanto ai figli, caro Filippo, sono fermamente convinta che non debbano mai essere messi al corrente delle cause della separazione dei genitori: ciascuno di voi, quindi, deve comunque preservare l’immagine dell’altro agli occhi dei figli. Sono, però, altrettanto certa che sia meglio separarsi che dare ai figli un modello di coppia senza amore. Una coppia dove non ci si tocca, non ci si abbraccia, non c’è complicità.
La separazione è proprio questo, un rimedio all’infelicità.
Se volete chiedere un parere all’avvocatessa o condividere i vostri dubbi potete scrivere a:
lettere@vanityfair.it
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