Il generale Ben Hodges, ora in pensione, ex comandante delle forze statunitensi in Europa dal 2014 al 2017, era uno dei pochissimi esperti ottimisti che credeva nell’Ucraina, a guerra appena iniziata.
In un’intervista il 10 marzo si era distinto, in mezzo a tantissime fosche previsioni, per essere stato quasi l’unico a dichiarare che Zelensky avrebbe vinto la guerra. Ora non sembra più così isolato. L’esperienza ci ha mostrato come il secondo esercito del mondo, in undici mesi, non sia riuscito a piegare la resistenza dell’esercito del secondo più povero Paese d’Europa.
In un’intervista a tutto tondo rilasciata a Radio Free Europe (la storica emittente che informa al fianco dei dissidenti sovietici e post-sovietici dall’inizio della prima Guerra Fredda), Ben Hodges esprime concetti molto chiari e ancora ottimisti: la Russia manca di una strategia coerente e non ha corretto i suoi errori organizzativi, l’Ucraina può vincere la guerra, gli aiuti occidentali sono essenziali, ma li stiamo dando troppo con il contagocce.
Chi è al comando?
Mentre russi e propaganda filo-russa festeggiano per la conquista della cittadina di Soledar, il generale in pensione statunitense ritiene che tutta la campagna di Bakhmut (di cui Soledar è uno dei vari scontri) sia la prova di inefficienza organizzativa russa.
A che pro, la compagnia Wagner, di Prigozhin (lo “chef”) continua a mandare i suoi uomini al massacro, da cinque mesi, ininterrottamente, contro le difese di una città del Donbass che non è neppure importante da un punto di vista strategico, politico o economico?
Penso che l’intera operazione intorno a Bakhmut illustri la mancanza di coerenza dell’operazione russa. Non credo che Prigozhin abbia preso ordini da Surovikin (ex comandante delle forze russe in Ucraina, ndr), e certamente non prende ordini dal generale Gerasimov (che è stato nominato l’11 gennaio per supervisionare l’invasione, ndr). Quindi, chi è al comando? Non hanno un piano coerente.
Prigozhin stesso ha addotto giustificazioni tardive per tutta l’operazione, parlando delle risorse minerarie e delle miniere di sale e di gesso in quell’area. “Ma non so se sarà molto di conforto per le famiglie delle migliaia di caduti su quel fronte, sapere che il vero obiettivo del signor Prigozhin non era un crocevia o un luogo strategicamente importante, ma una miniera di gesso”.
La massa russa
In generale, gli attacchi di onde umane nel settore di Bakhmut e le mobilitazioni di nuove leve in Russia, fanno pensare alla solita vecchia strategia, tipica di tutte le guerre russe: “I russi hanno sempre dato per scontato che la massa avrebbe vinto. Questo è stato il loro modo di fare la guerra per secoli, cioè che alla fine avrebbero sopraffatto le forze ucraine. Ma ovviamente non ci sono riusciti”.
La resistenza ucraina
Almeno finora. Se gli ucraini hanno resistito, è grazie alla forza della loro determinazione, alla loro capacità organizzativa (soprattutto logistica) e all’abilità dimostrata dal loro comandante in capo, il generale Valery Zaluzhny, ben assecondato da ufficiali e sottoufficiali a tutti i livelli.
I tank occidentali
Però contano anche le armi occidentali. I veicoli corazzati per la fanteria recentemente concessi dalla Nato e già in fase di consegna, dunque i Marder tedeschi, i Bradley americani e gli AMX-10RC francesi, non sono da sottovalutare. Secondo Hodges, gli ucraini, una volta addestrati gli equipaggi, potrebbero raggrupparli anche in una nuova brigata di grande potenza:
Se si ottengono questi elementi e poi si aggiunge un battaglione di carri armati ucraini, più i genieri, si ottiene una formazione letale che potrebbe costituire il pugno d’acciaio necessario a penetrare le infinite linee di trincee russe.
Dopo che il Regno Unito ha rotto il tabù della fornitura di carri armati moderni, promettendo la consegna dei primi 12 Challenger2, il pugno corazzato ucraino diverrebbe ancor più micidiale.
Soprattutto, la Nato, iniziando a mandare mezzi corazzati moderni, ha lanciato un segnale politico, spiega Hodges:
Ancora più importante è il segnale che i governi occidentali stanno facendo il passo successivo, che sono sempre meno preoccupati che la Russia possa in qualche modo tentare un’escalation, perché è molto improbabile. E anche se queste decisioni vengono prese in ritardo, credo che non sia troppo tardi per fare la differenza.
I sistemi a lungo raggio
I ritardi e i limiti delle forniture degli armamenti stanno rallentando il corso del conflitto. Secondo il generale, la guerra avrebbe potuto anche concludersi entro la fine del 2022 con la riconquista ucraina della Crimea: “Ero troppo ottimista al riguardo, perché non avevo previsto che non avremmo fornito sistemi a più lungo raggio, come l’ATACMS (Army Tactical Missile Systems). Pensavo che sarebbero arrivati (prima, ndr). Quindi, questa è stata una carenza, da parte nostra”.
Le armi a lungo raggio sono importanti, perché impedirebbero ai russi di riorganizzarsi lontano dal fronte. “Se limitiamo il raggio d’azione del GMLRS, che è il razzo sparato dall’HIMARS, fino a 90 chilometri, di fatto lasciamo un’area sicura per la Russia. Così, i russi possono continuare a sparare impunemente dalla Crimea, o dall’interno della Russia, o dalla Bielorussia”.
La minaccia nucleare russa
Quindi la gittata conta, anche se fa paura. Fornire agli ucraini anche armi a più lungo raggio, magari accelererebbe la loro vittoria, ma è sempre stato visto dai governi occidentali come un passaggio ad un livello successivo di escalation. E la paura della guerra atomica è sempre ben presente nelle menti delle nostre classi dirigenti.
Il fatto che Hodges non prenda neppure in considerazione questo argomento, dimostra come sia sicuro che la minaccia nucleare russa, con tutta la propaganda che la sostiene, sia solo un bluff.
Il generale americano resta convinto che, debitamente forniti di nuovi mezzi corazzati e addestrati al loro uso, gli ucraini siano in grado di sfondare le linee russe, la prossima primavera. E possano ottenere un successo strategico, magari anche la stessa liberazione della Crimea. Scommettiamo?