«Tu nos entends depuis l’Espagne?». C’è una ragazza giovanissima, a issare al centro di piazza della Bastiglia un cartello indirizzato a Emmanuel Macron, nelle ore in cui il presidente si trova a Barcellona per siglare un accordo bilaterale. «Riesci a sentirci anche se sei scappato in Spagna?». È a Macron che si rivolgono manifestanti di ogni età convogliati questo giovedì nelle piazze e nelle strade delle città di Francia. Sbaglia chi pensa che a protestare contro la riforma delle pensioni siano le vecchie generazioni. Ci sono anche liceali, studenti universitari, giovanissimi. La grève, il grande sciopero generale che ha attraversato tutto il paese, ha le caratteristiche per essere considerato un movimento anti Macron. E non è un caso che in piazza non sia andata la destra estrema di Marine Le Pen, sempre più proiettata verso l’integrazione nel sistema. Il presidente francese, che per la riforma può contare sull’appoggio della destra, si mostra irremovibile. Più lui non si sposta, più il malessere sociale deflagra e la sinistra – verdi, socialisti, indomiti – ritrova la sua compattezza.
Invecchiare al lavoro
Se fosse per la Commissione europea, che non decide delle pensioni dei francesi ma giudica «fondamentale» l’allungamento dell’età lavorativa, in alcuni paesi europei bisognerebbe lavorare fino a 72 anni. «Volete che lavoriamo fino alla morte?». «Devo ancora iniziare a lavorare e già non so se finirò mai». Anziani lavoratori e giovani studenti, coi loro cartelli, hanno condiviso un’angoscia comune. Emmanuel Macron e la premier Élisabeth Borne prendono ad argomento l’invecchiamento demografico, ma la riforma Borne non contempera a sufficienza il carattere usurante di molti lavori, né le diverse aspettative di vita, che variano anche di dieci anni tra dirigenti e operai. La riforma che ha scatenato lo sciopero generale è la settima degli ultimi quarant’anni e mira a spostare l’età pensionabile a 64 anni. Il piano originario, dichiarato da Macron quest’autunno, era di arrivare persino a 65.
Convergenza a destra
Nonostante le ultime elezioni legislative non abbiano consegnato al presidente francese una maggioranza assoluta favorevole, sul tema delle pensioni non è stata difficile una convergenza a destra. Quando era candidata alla presidenza, la repubblicana Valérie Pécresse sosteneva che arrivare ai 65 anni fosse «ineluttabile». Lei è stata polverizzata alle urne, ma l’attuale leader dei Républicains, Éric Ciotti, condivide la stessa attitudine. E infatti coi repubblicani Borne ha trovato un accordo. Che dire del Rassemblement national, entrato in forze al parlamento? Marine Le Pen ha detto di voler fare una opposizione «responsabile». Insomma, non spinge per le proteste di piazza. Il suo obiettivo ora è l’istituzionalizzazione della destra estrema. Così, mentre Macron era a Barcellona, Le Pen si dava a sua volta alla fuga politica in Senegal. Formalmente, il Rassemblement e la sua leader sono contro il governo e la riforma. Nella pratica vanno a dire che «non è la rue, la protesta di piazza, il modo per opporsi».
Città in rivolta
E intanto la rue, la strada, anzi le strade, di Francia, si sono riempite, in una protesta che come non mai ha messo insieme le diverse sigle sindacali. A Borne che dice di voler «riportare il sistema pensionistico in equilibrio entro il 2030», la Confédération générale du travail, una delle più rilevanti sigle sindacali del paese, manda a dire: «Aumentate i salari, e vedrete come tutto torna in equilibrio bene». Sempre la Cgt ha calcolato 400mila persone, in piazza a Parigi. Ma la protesta è stata partecipata in tutto il paese: Lione, Tolosa, Nantes, Limoges, decine di città. Per i sindacati, a manifestare sono state due milioni di persone. Per il ministero dell’Interno, poco più di un milione: comunque il doppio della protesta del 2019. Nel meridione, a Marsiglia, a contare le presenze – «140mila» – c’era Jean-Luc Mélenchon. Anche in campagna elettorale il leader della sinistra aveva puntato – con successo – su questa città.
Contro Macron
«Ma insomma, lo vogliono capire o no che gli anni di Thatcher e Blair sono finiti? Questi liberisti sono rimasti ancorati al vecchio e pensano ancora di poter sfidare una popolazione intera. La gente l’ha capito bene, che non può essere il mercato a prendere il sopravvento, e che contano i servizi pubblici!». Così Mélenchon ha arringato la piazza. E c’è da dire che in piazza ha retto più che mai la linea comune a sinistra: c’erano, insieme contro la riforma, la France insoumise di Mélenchon come pure socialisti ed ecologisti. Con la sua linea dura Macron ha resuscitato più che mai la Nupes, l’unione popolare di sinistra ecologista che era nata per le legislative di giugno ma che era uscita provata dalla pratica politica in assemblea nazionale.
La presa della Bastiglia
In quella stessa piazza della Bastiglia dove i francesi hanno appena protestato contro la riforma delle pensioni, il 9 aprile dello scorso anno si erano radunati i movimenti per il clima, per la casa, per i diritti. C’erano giovani e giovanissimi: reclamavano rappresentanza di fronte a un campo progressista che si presentava alle presidenziali diviso, e a uno scontro tutto proiettato a destra, Macron contro Le Pen. Quegli stessi giovani e movimenti hanno spinto Mélenchon a un passo dal secondo turno, e hanno convinto socialisti ed ecologisti ad aggregarsi con lui alle legislative di giugno. E quegli stessi movimenti e giovani erano questa settimana sotto la Bastiglia assieme ai sindacati e ai lavoratori più anziani. Le pensioni di Macron sono un elisir di giovinezza a sinistra.
© Riproduzione riservata