Il servizio sanitario nazionale inglese ha avviato la prima sperimentazione clinica al mondo per valutare la tollerabilità e l’efficacia di una tecnica di trattamento pioneristica volta a trattare i tumori cerebrali prima dell’intervento. A riportare i dettagli del progetto un articolo pubblicato sulla rivista The Guardian, nel quale si descrive il metodo POBIG (PreOperative Brain Irradiation in Glioblastoma), sviluppato dagli scienziati della fondazione Christie NHS di Manchester e dell’Università di Manchester. Il team, composto da radiologi, neurochirurghi, oncologi, infermieri, fisici e patologi ha infatti ideato un nuovo approccio innovativo per utilizzare scansioni di risonanza magnetica e radioterapia altamente mirata per aumentare le aspettative di vita dei pazienti con tumore al cervello.
Il tumore cerebrale, spiegano gli esperti, si forma quando nei tessuti del cervello, dell’encefalo e del midollo spinale si verifica una crescita anomala di cellule. Sebbene queste forme di cancro siano relativamente rare, le chance di sopravvivenza dei pazienti a cinque anni dal momento della diagnosi non supera il 25 per cento. Tale valore dipende in parte dal fatto che spesso i tumori cerebrali non sono operabili e vengono diagnosticati solo successivamente alla comparsa dei sintomi, quando la formazione ha raggiunto ormai dimensioni considerevoli. Nei casi che clinicamente lo consentono, il tumore cerebrale viene trattato inizialmente con la rimozione chirurgica, poi con la radioterapia e la chemioterapia. Alcune forme particolarmente aggressive, però, come il glioblastoma, sono associate a un tasso di sopravvivenza medio a cinque anni dalla diagnosi inferiore al dieci per cento. Le opzioni di intervento, inoltre, non sono migliorate in modo significativo negli ultimi decenni, per questo emerge la forte necessità di ideare nuove strategie volte a ridurre il tasso di mortalità tra i pazienti con neoplasie cerebrali.
“Questo lavoro – osserva Gerben Borst, radioterapista presso il Christie e docente senior presso l’Università di Manchester, che ha guidato lo studio – rappresenta una pietra miliare importante e significativa nella ricerca sul cancro al cervello”. L’approccio POBIG (PreOperative Brain Irradiation in Glioblastoma) è ancora in una fase iniziale, precisano gli esperti, ma i risultati preliminari sono stati molto incoraggianti. “Con la rimozione chirurgica del tumore – spiega Borst – alcune cellule restano inevitabilmente presenti nel cervello, che rappresenta una zona estremamente sensibile e delicata. Queste cellule tumorali residue continuano a crescere, potenzialmente in modo ancora più aggressivo dopo l’intervento chirurgico. Per questo motivo è fondamentale attuare nuove strategie per colpire tutte le cellule tumorali in una fase precedente all’operazione”. POBIG si basa infatti sulla somministrazione di una sessione di radioterapia altamente mirata prima dell’intervento, in modo da impedire la rapida ricrescita del tumore. Successivamente i pazienti vengono sottoposti all’intervento chirurgico e a un periodo standard di radioterapia e chemioterapia come previsto dalla prassi standard. “Le radiazioni – spiegano gli autori – non vengono direzionate sull’intero tumore, ma solo sulla zona che si prevede lascerà dei residui a seguito dell’intervento”.
“Sono stato molto grato di poter partecipare alla sperimentazione – afferma Joel Rush, uno dei volontari sottoposti al trial – quando i medici mi hanno spiegato il nuovo approccio, mi è sembrato molto sensato”. 45 anni, padre di due figli, Joel Rush ha ricevuto lo scorso ottobre una diagnosi per un glioblastoma cerebrale al quarto stadio. “Sono solo all’inizio del mio percorso – aggiunge – ma spero che la mia esperienza possa beneficiare altre persone”. “Sono essenziali nuove opzioni terapeutiche per i pazienti con neoplasie cerebrali – dichiara Graham Norton, amministratore delegato ad interim di The Brain Tumor Charity, che ha contribuito a progettare la sperimentazione con l’ente di beneficienza Brainstrust – questo studio ha il potenziale per aumentare le possibilità di sopravvivenza e la qualità della vita di moltissime persone che ogni anno ricevono una diagnosi infausta”. “Spero davvero che il nostro lavoro possa riunire e avvicinare altri campi di studi e altri ricercatori – conclude Borst – insieme potremmo davvero fare la differenza e individuare strategie di trattamento più efficaci e personalizzate da applicare prima dell’intervento chirurgico e sviluppare una nuova arma contro il tumore cerebrale”.