Governo Usa: “Depositi saranno rimborsati”, ma l’emorragia di fiducia continua
Redazione — 13 Marzo 2023
È il più grande fallimento di una banca dalla crisi americana del 2008. La Silicon Valley Bank chiude i battenti e domenica il governo degli Stati Uniti ha chiuso un’altra banca, Signature Bank, per cercare di evitare ulteriori problemi al sistema bancario e per impedire quello che in gergo viene definito un “contagio”, cioè che le difficoltà di una banca si estendano ad altre. La Federal Reserve e il Tesoro hanno annunciato che garantiranno tutti i correntisti di Svb e di Signature e che istituiranno nuovi sistemi per aiutare gli istituti bancari in difficoltà.
Negli ultimi quattro anni la banca californiana è cresciuta in modo esponenziale, al pari del settore tecnologico che finanziava: i depositi sono saliti del 200 per cento fino al picco di 220 miliardi di dollari. Per capire: quelli di JP Morgan, una delle Big Four americane, sono aumentati attorno al 50 per cento nello stesso arco temporale.
Il crac ha messo sotto pressione una delle più importanti banche regionali americane e le Borse europee affondano, insieme ai titoli di Stato mondiali. Il ministro dell’Economia italiano Giancarlo Giorgetti ha dichiarato: “Seguiamo con attenzione gli sviluppi della vicenda. Apprezziamo la tempestività con cui le autorità americane sono intervenute e confidiamo che, se necessario, anche le autorità europee intervengano con la medesima tempestività”.
Ora nell’occhio del ciclone dopo il fallimento di Svb anche una delle banche regionali americane First Republic Bank, e non si riesce a calmare i mercati nonostante con una nota nella notte abbia affermato di “aver rafforzato e diversificato la sua posizione finanziaria attraverso l’accesso a liquidità aggiuntiva messa a disposizione dalla Fed e da da Jp Morgan”, con l’effetto di disporre di oltre 70 miliardi di dollari di liquidità inutilizzata. Nonostante le rassicurazioni dei vertici, secondo cui “la posizione di capitale e liquidità della banca è molto forte”, il titolo affonda di oltre il 60% nel pre-marketing a Wall Street.
Non sono state sufficienti le rassicurazioni ai mercati con le misure di emergenza varate da Fed, Tesoro e Fdic per tutelare i depositi in seguito al fallimento della Silicon Valley Bank e di altri istituti di credito Usa. Maglia nera Milano, con il Ftse Mib che crolla del 3,2%, affossata dalle banche: Bper -7,2%, Banco Bpm -6,3%, Intesa Sanpaolo -5,4%. Francoforte perde il 2,9%, Parigi il 2%, Londra l’1,7%, nonostante il salvataggio da parte di Hsbc che ha acquisito per una sterlina il ramo britannico di Svb.
Anche nel resto del mondo i titoli di Stato crollano: giù i rendimenti dei titoli con gli investitori che scommettono su una virata nella politica monetaria restrittiva delle banche centrali allo scopo di disinnescare i rischi di contagio legati al fallimento di Silicon Valley Bank. Gli strappi più importanti si registrano sui titoli di Stato a due anni dell’Eurozona, con il rendimento del Bund tedesco che scende di 44 punti base e quello dell’Oat francese di 46 mentre per il Btp il calo è ‘contenuto’ a 29 punti. I trader vedono il terminal rate della Bce ‘collassare’ al 3,56%. Gli effetti si vedono anche sull’euro che riduce allo 0,25% il rialzo sul dollaro, con cui scambia a 1,067.
La crisi è stata innescata dall’impennata delle passività che ha spinto Svb a cercare rendimenti più alti negli anni in cui i rendimenti erano molto bassi, investendo in titoli con scadenze più lunghe (sopra i 5 anni), come le obbligazioni. Svb utilizzava il denaro depositato dai propri clienti per investirlo in obbligazioni (bond). Non era una pratica che metteva in atto solo questa banca ma è il meccanismo con cui funzionano tutte le banche del mondo, un meccanismo che in tempi normali non dà problemi. Il che aveva fruttato bene fino allo scorso anno quando era iniziata ad aumentare l’inflazione. La Federal Reserve era intervenuta aumentando i tassi d’interesse, facendo ridurre il valore degli investimenti che Svb aveva già effettuato a tassi più bassi.
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