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La poco quaresimale bigolada delle Ceneri

Siamo in quaresima, che tradizionalmente inizia il mercoledì delle Ceneri. Questo giorno nelle chiese cattoliche di rito romano, ma anche in molte chiese protestanti, prende il nome dalla cenere benedetta, con la quale i sacerdoti cospargono il capo dei fedeli per ricordare la precarietà della vita terrena e per imporre un maggiore impegno penitenziale.

Il riferimento è alla cacciata di Adamo dal paradiso terrestre, a quel «Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris» (Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai). Non a caso, secondo la consuetudine, questa cenere viene ricavata bruciando i rami d’ulivo benedetti durante la domenica delle Palme dell’anno precedente. Come tutti sappiamo, infatti, la quaresima è un periodo liturgico a carattere penitenziale in preparazione della Pasqua cristiana. Durante il mercoledì delle Ceneri tutti i cattolici dei vari riti latini sono tenuti a far penitenza e a osservare il digiuno più stretto o, in ogni caso, l’astinenza dalle carni.

Essendo l’inizio della quaresima, è chiaro che nella cultura cristiana l’idea di trasformare il mercoledì delle Ceneri in un’occasione di festa risulti del tutto illogica; anzi questa ricorrenza dovrebbe essere dedicata alla pratica della preghiera più intensa e alla carità. 

Di fatto oggi è così ovunque, ma in passato le feste popolari erano tutt’altro che rare. E attualmente qua e là in Italia, e non solo, ci sono dei luoghi nei quali le feste del mercoledì delle Ceneri sono sopravvissute e sono rimaste l’occasione per organizzare celebrazioni popolari che in qualche modo allungano di un giorno il Carnevale.

Il funerali e sepolture

Ad esempio, a Borgosesia, in provincia di Vercelli, si celebra una sorta di funerale del Carnevale proprio nel giorno in cui inizia la quaresima e questo diventa l’occasione per un ultimo momento di festa. In Barbagia, nelle località di Ovodda e Tiana si svolgono complesse cerimonie che mescolano richiami liturgici a manifestazioni folkloristiche le cui origini si perdono in tempi decisamente remoti.

Qualcosa di simile a quello che accade a Borgosesia, avviene anche sull’isola spagnola di Tenerife, dove viene celebrata la “Sepoltura della Sardina” proprio nel giorno delle Ceneri. Con questa cerimonia, volutamente grottesca, si uccide simbolicamente lo spirito del Carnevale e si inizia la penitenza quaresimale, rappresentata dalla sardina, che sarà il cibo principale nei successivi quaranta giorni.

Esiste poi una categoria del tutto diversa di feste nel mercoledì delle Ceneri, che potremmo definire di carattere spiccatamente anticlericale. Era il caso, ad esempio, del Carnevalone di Marino, in provincia di Roma, che era una grande festa priva di regole organizzata dai repubblicani locali all’indomani della breccia di Porta Pia nel 1870 e che venne soppressa nel 1929, dopo la stipula dei patti Lateranensi.

La bigolada

Però esiste ancora una festa che unisce tutti questi aspetti, quello gastronomico, carnascialesco, ma anche politico e anticlericale: la “bigolada”, un grande rito laico e popolare che si celebra il mercoledì delle Ceneri a Castel d’Ario, in provincia di Mantova.

In questo piccolo borgo, famoso per aver dato i natali al campione automobilistico Tazio Nuvolari, la quaresima inizia con una pantagruelica distribuzione in piazza di bigoli (grossi spaghetti) conditi con le sardelle, vale a dire un sugo a base di acciughe sotto sale.

Un piatto poverissimo e saporitissimo, che rappresenta perfettamente la storia di questa incredibile festa, che è nata addirittura nel 1848, in aperto contrasto con il potere asburgico. All’epoca veniva distribuito un ancor più umile piatto di polenta e baccalà e solo dopo la Prima guerra mondiale arrivò la pasta. Ma come si diceva, questa festa si è da sempre connotata per la sua forte valenza sovversiva, alla quale non si rinunciò nemmeno durante il regime fascista. Oltre a questo, c’era anche l’evidente sfida alle gerarchie ecclesiastiche, le quali, infatti, l’hanno sempre osteggiata.

Dopo essere stata soppressa negli anni Trenta, proprio per volontà del regime, nel dopoguerra rinasce immediatamente; già nel 1946 ritornano i bigoli in piazza, attirando migliaia di braccianti da tutta la provincia, ma anche numerose mondine, essendo quella una delle zone risicole più importanti d’Italia. Invece, il lungo braccio di ferro con la curia locale si concluderà solo a metà degli anni Settanta, con un compromesso dai risvolti paradossali: in pratica si decide che a Castel d’Ario, e solo lì, la quaresima non inizia il mercoledì, ma la domenica successiva.

La bigolada è una sorta di “dinosauro” della cultura popolare italiana. A fronte delle tante leggende inventate sulla cucina italiana, questo piccolo caso di sopravvivenza di una tradizione ci permette di comprendere le radici profonde della nostra gastronomia e quindi della nostra identità.  

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