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Iran, Khamenei cambia il capo della polizia per reprimere con più violenza le proteste

Nato a Isfahan nel 1963 Radan non è un volto nuovo per gli apparati della sicurezza iraniana. È stato vicecomandante della polizia nazionale fino al 2014 e già capo della polizia di Teheran. Ha avuto un ruolo chiave nella formazione della polizia religiosa ed è stato già sanzionato da Usa e Ue

Dopo circa quattro mesi di distanza la Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, decide di inasprire ancora di più la repressione nei confronti dei manifestanti che protestano contro il regime. L’ayatollah ha nominato Ahmadreza Radan nuovo capo delle forze di polizia e prenderà così il posto di Hossein Ashtari, dopo otto anni di servizio, e criticato da Khamenei per non riuscire a gestire le proteste che imperversano nel paese da settembre.

Nato a Isfahan nel 1963 Radan non è un volto nuovo per gli apparati della sicurezza iraniana. È stato vicecomandante della polizia nazionale fino al 2014 e già capo della polizia di Teheran dove è diventato famoso per la sua repressione nei confronti di chi non rispettava i codici vestiari della legge islamica imposta nel paese. Radan ha avuto anche un ruolo nella politica estera iraniana dato che si è occupato anche dell’addestramento delle forze anti terroristiche dell’Iran.

Le sanzioni

Negli anni è stato sanzionato più volte sia dal governo degli Stati Uniti sia dall’Unione europea. In report per il Congresso americano pubblicato lo scorso maggio, Radan è stato inserito in una lista di persone «funzionari del governo iraniano o che agiscono per conto del governo iraniano, responsabili o complici, o responsabili di ordinare, controllare o dirigere in altro modo la commissione di gravi abusi dei diritti umani contro cittadini iraniani o loro familiari».

Secondo il governo americano Radan ha avuto un ruolo essenziale nelle proteste in occasione delle elezioni presidenziali del 2009, che sono state fortemente represse dalla polizia. E viene anche considerato uno degli uomini chiavi nella formazione della «polizia della moralità», istituita dall’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2005. Negli anni la polizia della moralità è accusata di aver violato i diritti delle donne e di applicare una legge che lede i diritti e le libertà dei cittadini, da settembre i cittadini iraniani chiedono la sua abolizione dopo le accuse di aver ucciso a settembre la giovane Mahsa Amini arrestata da alcuni agenti per non aver indossato correttamente il velo islamico, come invece previsto dalla legge nazionale fin dal 1983.

Le esecuzioni

«Mohammed Mahdi Karami e Seyyed Mohammed Hosseini, i principali responsabili del crimine che ha portato al martirio di Ruhollah Ajamian, sono stati impiccati questa mattina». Con un comunicato lapidario l’agenzia di stampa giudiziaria Mizan Online ha pubblicato nella mattinata del 7 gennaio la notizia dell’esecuzione della condanna a morte di due manifestanti. I due sono stati uccisi con l’accusa di aver assassinato un membro delle forze di sicurezza di Teheran lo scorso novembre. Ajamian era un membro della milizia Basij legata alle Guardie rivoluzionarie e sarebbe porto a Karaj, non distante dalla capitale. La guardia sarebbe stata uccisa mentre i manifestanti partecipavano a un picchetto in ricordo della morte di un altro manifestante.

Con loro sono 14 i manifestanti condannati a morte dall’inizio delle proteste iniziate lo scorso settembre. Quattro di queste sono state già giustiziate, per altre due la sentenza è stata confermata dalla Corte suprema, due hanno ricorso in appello mentre le restanti sono in attesa di un nuovo processo.

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