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Inchiesta Covid, il pm e l'esperto come due amici al bar: Crisanti svela la 'verità', Chiappani se la beve – Il Riformista

L’indagine della procura di Bergamo

Tiziana Maiolo — 4 Marzo 2023

Inchiesta Covid, il pm e l’esperto come due amici al bar: Crisanti svela la ‘verità’, Chiappani se la beve

“Bisognerebbe fare lo sforzo di mettersi nei panni di”, afferma il professor Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova. E si capisce subito la sua presa di distanza dal quasi-collega microbiologo parassitologo Andrea Crisanti, quello che con la sua consulenza al lavoro della procura di Bergamo avrebbe disvelato la “Verità” su quel che è successo in Italia e in particolare in alcune zone della Lombardia nei primi mesi del 2020, quando apparve all’orizzonte il virus ormai battezzato “amichevolmente” come covid.

Una ”verità” bevuta d’un sorso dal procuratore Chiappani che l’ha trasferita nelle conclusioni di fine indagine, prima di presentare al gip le scontate richieste di rinvio a giudizio per una ventina di persone, dopo tre anni. Vien da chiedersi: e se il consulente della magistratura fosse stato un altro? Non lo diciamo per indurre sospetti di schieramento politico, dal momento che il dottor Crisanti pur essendo nel frattempo diventato il senatore Crisanti del Pd, non ha risparmiato nessuno nella sua relazione. Ma perché tutti ricorderanno l’over booking di esperti in ogni tv e giornale nei giorni dell’epidemia e le loro opinioni spesso contrapposte. A partire proprio dall’uso di presidi sanitari come la mascherina e tutte le forme di prevenzione previste dal famoso piano pandemico del 2006, il cui mancato aggiornamento è diventato oggetto di incriminazione per il reato di diffusione di epidemia e contagio.

Se fosse stato chiamato per esempio Matteo Bassetti alla procura di Bergamo? Avrebbe avuto il coraggio di affermare, senza che il rossore imporporasse le sue guance, che, qualora fosse stata attuata la zona rossa di Membro e Alzano, nella bergamasca, il 27 febbraio del 2020 si sarebbero salvate 4.148 vite e 2.659 con la chiusura il 3 marzo? Crediamo di no, soprattutto dopo avergli sentito dire in questi giorni che non sarebbe giusto il silenzio, cioè non parlare più della tragedia che si è consumata, ma che secondo lui la commissione d’inchiesta che sta per essere varata dal Parlamento sia il luogo più opportuno per analizzare la realtà di quei giorni, e non un’inchiesta giudiziaria.

Forse ha ragione. Anche perché, se dovessimo ricordare le tante vicende di quei giorni con la lente del codice penale, dovremmo dare un risarcimento al presidente Attilio Fontana, che per primo indossò in pubblico la mascherina e fu anche irriso come se avesse compiuto un gesto trasgressivo. E qualche procuratore dovrebbe chiedere il rinvio a giudizio per epidemia colposa nei confronti dei sindaci Beppe Sala e Giorgio Gori e per la campagna “Milano non si ferma” mentre il virus già correva anche nei luoghi della movida e degli aperitivi sui Navigli. Errori e disattenzioni da valutare in sede politica, se mai. Invece siamo ancora una volta con il codice penale tra le mani. Oltre a tutto malamente maneggiato, come nella giornata di ieri hanno osservato commentatori di un po’ tutto le parti politiche. Persino il direttore del Fatto quotidiano, a tutela del suo cocchino Conte.

Più che il procuratore e il suo consulente, in certi momenti Antonio Chiappani e Andrea Crisanti sembrano due amici al bar che “volevano cambiare il mondo”. Soddisfare la sete di verità da una parte, sparare le quattromila morti evitabili dall’altro. Sopra le righe e fuori dai binari, tutti e due. Tanto che il deputato di Italia Viva Enrico Costa ha annunciato un’interrogazione al ministro Nordio per sapere se sia regolare, soprattutto dopo l’approvazione della riforma Cartabia, che i magistrati si dedichino al “marketing giudiziario” e invocano un bel “basta interviste a destra e sinistra su un procedimento pendente da parte del procuratore di Bergamo e del suo consulente oggi senatore”.

L’attenzione è ora concentrata sull’istituzione della commissione d’inchiesta, su cui è già iniziata la discussione in commissione. Altro punto delicato, perché l’articolo 82 della Costituzione che ne consente la nascita ad hoc su materie di grande rilevanza e interesse pubblico attribuisce anche a questi organismi gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria. Occorreranno grande equilibrio saggezza ed esperienza, soprattutto del presidente, perché questa commissione non si trasformi in un altro tribunale del popolo, deputato, più che a cercar di capire e suggerire strumenti per il futuro, a dare riposte al popolo. Come pare stia facendo l’inchiesta penale.

P.S. Il direttore Sansonetti sostiene che l’editoriale di ieri di Marco Travaglio sembra scritto da Tiziana Maiolo. Non ti permettere, Piero. Marcolino potrebbe querelarti, se gli dai del garantista. Ma non sai che cosa ti farei io, se insisti nel paragone.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.

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