A oltre due mesi dall’insediamento, il governo Meloni non ha ancora provveduto a garantire un concreto impegno militare in favore dell’Ucraina. Sembra tutto pronto da dicembre ma al momento l’invio di nuove armi non è stato autorizzato. Alle promesse della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha parlato con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non sono seguiti i passi ufficiali. Manca all’appello il sesto decreto interministeriale che, come i precedenti, deve stabilire le tipologie di forniture da far pervenire all’esercito di Kiev. Agli atti c’è solo il decreto legge approvato in Consiglio dei ministri a inizio dicembre, discusso a palazzo Chigi dopo il via libera della mozione alla Camera, che ha dato una copertura parlamentare all’iniziativa.
Decreto assente
Il provvedimento del mese scorso si è limitato a prorogare, fino alla fine del 2023, la possibilità di inviare equipaggiamenti per la difesa degli ucraini, riproponendo quanto previsto dall’esecutivo di Draghi. È stato quindi definito il quadro generale, ma non il contenuto che deve invece essere disposto dal decreto ministeriale.
Il precedente governo aveva una media di un decreto ministeriale emanato ogni mese e mezzo. Un’azione costante che ha portato l’Italia a essere tra i primi tre paesi dell’Unione europea, insieme a Germania e Polonia, sul sostegno dato ai militari ucraini fin dall’attacco del 24 febbraio deciso da Vladimir Putin. Non a caso il presidente Zelensky ha sempre riservato un particolare apprezzamento all’Italia.
Il primo decreto è stato firmato a pochi giorni dall’invasione russa dall’allora ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, il 2 marzo 2022. Gli altri sono stati pubblicati in sequenza il 22 aprile, il 10 maggio, il 26 luglio e l’ultimo, risale 7 ottobre.
Di volta in volta c’è stato un aggiornamento del materiale bellico, dai missili Javelin e Stinger ai mezzi corazzati, seguendo le richieste degli alleati e delle necessità dell’Ucraina.
Resta un nodo: dall’inizio di ottobre, venti giorni prima del giuramento del governo Meloni, non c’è stato nulla, al di là delle dichiarazioni pubbliche. Latita il sesto decreto e le ultime forniture garantite dal precedente testo sono in via di completamento.
Appuntamento con gli alleati
Il provvedimento spetta all’attuale titolare della Difesa, Guido Crosetto, di concerto con quello degli Esteri, Antonio Tajani, e con il Mef di Giancarlo Giorgetti, che deve definire la spesa per la misura. Il compito è quello di individuare quali armi mandare al fronte, visto che nelle ultime settimane da Kiev, in asse con gli Stati Uniti, si è intensificata la richiesta di una fornitura di mezzi per rafforzare la contraerea.
Secondo le indiscrezioni, nei prossimi giorni il governo garantirà il via libera al testo, anche perché il 20 gennaio è atteso un nuovo incontro alla base aerea di Ramstein, in Germania, per fare il punto della situazione in vista delle prossime settimane di conflitto.
L’Italia non può presentarsi a mani vuote. Per il decreto ci sono degli aspetti tecnici da valutare con i vertici militari, per evitare di svuotare troppo le dotazioni belliche italiane, senza trascurare qualche nodo politico ancora da sciogliere, alla luce della tiepidezza di Lega e Forza Italia sul supporto militare all’Ucraina, benché in Consiglio dei ministri tutto sia filato liscio.
Di certo non risultano convocazioni del Copasir, che deve essere informato nel caso in cui l’atto verrà sottoposto a secretazione, come avvenuto finora con Draghi. In passato Crosetto aveva lasciato intendere di volersi muovere in maniera diversa, rispondendo al leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, rendendo pubblico il materiale. Se così fosse, sarebbe consultabile la documentazione completa sulle armi inviate a Kiev e non ci sarebbe la necessità di espletare il passaggio al Copasir.
Richieste degli Usa
Il governo, intanto, sente la pressione degli alleati, in primis gli Stati Uniti. Il consigliere per la sicurezza di Washington, Jake Sullivan, ha chiamato palazzo Chigi per chiedere un impegno concreto fin dai prossimi giorni con la concessione dello scudo anti missile all’esercito di Zelensky.
L’obiettivo statunitense è quello di spingere Roma a proseguire con il supporto di mezzi di artiglieria di cui l’Italia è ben fornita, anche rispetto a molti altri paesi europei che invece stanno fornendo un aiuto principalmente con strumenti di alta tecnologia.
Certo, non c’è stato alcun attrito, da quanto viene riferito e la Casa Bianca ha ribadito la fiducia sulla linea atlantista del governo Meloni. La premier, attraverso i suoi consiglieri, ha risposto positivamente alle sollecitazioni. Solo che adesso deve accelerare sul decreto ministeriale e stabilire cosa far arrivare all’esercito ucraino.
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