Fials Milano, dopo aver consultato anche l’Ordine delle Professioni Infermieristiche Di Milano, Lodi, Monza e Brianza, denuncia il continuo demansionamento verso gli infermieri: si aggiungono richiesta esami di laboratorio, acquisizione consenso informato, chiusura e riordino cartella clinica, richiesta di approvvigionamento di farmaci. Al Besta tutto è a carico degli infermieri. Trattati come “segretari” dei medici e utilizzati come amministrativi per l’archivio.
Mentre la carenza di infermieri mette a rischio la tenuta del sistema sanitario (solo al Nord se ne cercano circa 27 mila, in Lombardia 9500), all’istituto Besta (e non solo) il loro tempo di assistenza ai pazienti è ancor più ridotto a causa di adibizione a prestazioni diverse dalle norme istitutive del relativo profilo professionale. A dirlo anche lo studio legale dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche Di Milano, Lodi, Monza e Brianza, a cui Fials Milano si è rivolta per denunciare che:
1) gli infermieri sono ancora trattati come figura ancellare del medico, costretti persino da procedure aziendali a trascrivere sull’applicativo in uso in azienda, gli esami ematici prescritti dal personale medico e riportati in cartella clinica. Una follia in termini di sicurezza per i pazienti: nella trascrizione la possibilità d’errore si moltiplica (in tal caso chi ne risponde?) e una perdita di tempo di cura ai pazienti per supplire difatti ad una mancanza di volontà del personale medico di utilizzare l’applicativo. Anche in un’ottica di efficienza del lavoro non si comprende l’utilità di fare due volte la stessa cosa (il medico scrive prima in cartella clinica e poi l’infermiere deve richiedere gli esami sull’applicativo);
2) agli infermieri è richiesto di ottenere il consenso informato ad esami strumentali;
3) gli stessi devono occuparsi dell’archivio e riordino delle cartelle cliniche alla dimissione del paziente.
Perché è grave?
In primis perché per l’evoluzione storica e legislativa la professione infermieristica non ha più carattere di ausiliarità rispetto ad altre figure di sanitari. Soprattutto, non si capisce perché di fronte ad una scarsità di risorse, denunciata in ogni modo, lo Stato paghi un infermiere per svolgere le attività di altri professionisti. Nessuna azienda “intelligente” lo farebbe.
L’infermiere, a meno di protocolli ben definiti, come quelli per i profili in triage, non prescrive, perciò sostituirsi al medico vuol dire solo essere utilizzato come segretario dello stesso.
Allo stesso modo il consenso informato in merito ad esami strumentali/ematici non può essere ottenuto dal personale infermieristico, intendendosi lo stesso non un mero atto amministrativo, ma un’adesione del paziente effettiva e partecipata, non solo cartacea, alle prescrizioni mediche.
In molti reparti dell’Istituto, il personale infermieristico è obbligato da procedura aziendale, durante il turno notturno (dove tra l’altro il personale si riduce drasticamente) alla revisione, riordino e chiusura delle cartelle cliniche, attraverso l’utilizzo di una check list.
Nonostante in tema di responsabilità per la conservazione della cartella clinica:
• la Corte di Cassazione, con la Sentenza n.18567/2018, ha ribadito che è obbligo del medico e della struttura sanitaria non solo compilare ma, anche e soprattutto, conservare la cartella clinica al fine di dimostrare la correttezza dell’iter diagnostico, terapeutico e curativo seguito nel caso concreto.
• IL DPR 128/1969 all’Art. 7 stabilisce che è il medico il responsabile delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all’archivio centrale;
• che la stessa mansione di riordino della cartella dovrebbe essere affidata a personale Amministrativo.
Mimma Sternativo, segretario Fials Milano area metropolitana: “Dopo aver ottenuto il parere ddai legali dell’Ordine, abbiamo inviato una nota all’azienda, ma nulla è stato fatto per cambiare le cose. Siamo quindi pronti alle vie legali, a tutela di questi professionisti e delle varie professioni più in generale. In Sanità lo sbagliato utilizzo delle risorse (già carenti) e delle competenze è un tema aperto. Sul territorio nazionale mancano 80mila infermieri, a Milano la tenuta di molti servizi vacilla proprio per questa carenza drammatica. E nelle aziende vengono sottoutilizzati per prestazioni che non sono di loro competenza o in sostituzione di altri professionisti. Stessa cosa per gli OSS, troppe volte utilizzati come operatori tecnici-magazzinieri, portantini o “camerieri” per distribuire i pasti. Non a caso infatti nelle aziende private è una ditta esterna di personale, non sanitario, ad occuparsene. Il tempo impiegato per prestazioni non sanitarie diventa tempo sottratto all’assistenza e alla relazione di cura con il paziente e i suoi familiari. Quindi chi si prende cura dei pazienti e come, a quale titolo? Non pretendiamo solo risposte ma un passo indietro totale e un ripristino della legalità.”
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