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È caccia al vero covo di Messina Denaro: “Lì troveremo i soldi”

Sei mesi fa l’ultimo trasloco a Campobello di Mazara affidato a una ditta specializzata. Sequestrato il taccuino dove l’ex latitante annotava considerazioni personali sulla politica

(GIUSEPPE LEGATO, RICCARDO ARENA – lastampa.it) – CAMPOBELLO DI MAZARA-PALERMO. Se per arrestare dopo poco meno di 30 anni di latitanza Matteo Messina Denaro la Dda di Palermo e i carabinieri del Ros hanno scelto – con merito – la strategia del “Follow the sick” (segui il malato), per individuare il covo principale dell’ex imprendibile capo della mafia trapanese le regole di ingaggio, la strategia investigativa percorsa con cognizione è adesso quella di falconiana memoria. E cioè “Follow the money”. Gli inquirenti sono chiarissimi quando raccontano «che il vero covo dell’ex latitante lo stiamo ancora cercando ed è quello in cui troveremo dei soldi. Tanti soldi». Non è un caso che dai primi riscontri al materiale sequestrato sia emerso come Messina Denaro spendesse tra i 10 e i 15 mila euro al mese per coprire le spese necessarie a rimanere fantasma.

Pochi dubbi – per gli investigatori – insistono sul fatto che si trovi nella zona tra Campobello e Mazara del Vallo. E con poche probabilità a Palermo dove pure Messina Denaro veniva a curarsi nella clinica La Maddalena e quindi avrebbe potuto cercare un ricovero quantomeno temporaneo per affrontare i cicli di chemioterapia. In questo quadro vanno contestualizzate le sempre più frequenti perquisizioni delle ultime ore. Perché il cerchio non è chiuso e il primo covo, quello di via Cb 31/7 a Campobello pur «occupato con una certa regolarità nell’ultimo periodo e occupato abbastanza stabilmente», non è considerato l’unico strategico.

Molte sono le cose sequestrate e repertate dai militari dell’Arma: profumi di lusso, abiti ricercati, un frigo pieno, diverse paia di scarpe griffate ma soprattutto documenti di estrema rilevanza al vaglio adesso dei carabinieri. Quali? Erano conservate diverse cartelle, al cui interno erano raccolti, catalogati, numerosi atti. C’era anche una sorta di diario personale in cui il boss annotava anche le personali considerazioni in merito alle vicende politiche nazionali. In ultimo, un taccuino con ben riepilogate entrate e uscite per portare avanti la sua vita da latitante.

Ulteriori ricerche son state effettuate con il georadar ed erano finalizzate a scoprire eventuali bunker sotterranei. C’è poi la sorpresa dei quadri, una passione che evidentemente aveva contagiato il boss comunque in linea con la personalità fin qui emersa. Due sono stati ritrovati: il primo con l’immagine di Marlon Brando nei panni di don Vito Corleone nella pellicola “Il Padrino”, ma ve ne era un secondo a colori di Joker, il famoso personaggio dei fumetti, nella versione interpretata da Joaquin Phoenix. «C’è sempre una via d’uscita, ma se non la trovi sfonda tutto» diceva invece la “calzante” scritta su un quadretto più piccolo appeso poco sotto. Un dato è certo: Messina Denaro non aveva rinunciato al lusso e alla bella vita frequentando anche ristoranti e negozi di Palermo. Certo è che qui, Matteo Messina Denaro, ci era arrivato da sei mesi circa. Prima di allora – è stato ricostruito dalle indagini – aveva abitato l’appartamento che alcune sere fa è stato individuato e perquisito – ma totalmente vuoto – dalla polizia. Da questo alloggio ha effettuato un trasloco in piena regola ingaggiando una ditta – sempre sfruttando l’identità di Andrea Bonafede a quanto pare – che ha svolto il trasbordo dei mobili e degli effetti personali, magari anche in pieno giorno. Sembra clamoroso ma evidentemente è andata così. I locali invece dove è stato rinvenuto il cosiddetto bunker, con gioielli e pezzi griffati (borse) scoperto dal Gico del Nucleo di polizia economica della guardia di Finanza di Palermo, è considerato un rifugio di emergenza destinato a situazioni particolarmente complesse per la gestione del latitante. È comunque oggetto di diversi accertamenti anche scientifici con il dilemma – in questa storia ce ne sono a decine – di cosa contenessero le numerose scatole vuote rinvenute dietro la parete blindata.

Ieri ancora una giornata campale di perquisizioni. Perché – come si apprende da fonti investigative qualificate – negli ultimi giorni, subito dopo la cattura di Messina Denaro, diverse persone hanno iniziato a fare segnalazioni agli investigatori. E i carabinieri di Trapani, guidati dal colonnello Fabio Bottino, le devono scremare una per una. Il 10% di queste ritenuto attendibile è seguìto da un’iniziativa investigativa. Anche nelle ultime 24 ore è andata così e si è finito per fare irruzione in due locali riconducibili ad Antonio Messina, 77 anni, un anziano avvocato massone radiato dall’albo, già coinvolto in passato in indagini che ruotavano attorno al nome di Messina Denaro. Il legale, originario di Campobello di Mazara, vive da tempo a Bologna. Il primo si trova in paese all’angolo tra via Scuderi e Via Selinunte, di fronte all’abitazione del fratello del boss, Salvatore Messina Denaro; il secondo in via Galileo Galilei a Torretta Granitola, un’abitazione estiva sul litorale di Mazara del Vallo nei pressi della sede dell’Istituto per la ricerca marina del Cnr.

L’avvocato Antonio Messina è un personaggio noto alle cronache giudiziarie. Fu condannato per traffico di droga negli anni Novanta. Assieme a lui erano imputati l’ex sindaco del Comune di Castelvetrano Antonio Vaccarino, che per conto dei servizi segreti intavolò una corrispondenza con Messina Denaro con lo pseudonimo di Svetonio, e gli uomini d’onore Nunzio Spezia e Franco Luppino. L’ex legale, in passato, fu indicato anche come mandante dell’uccisione del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto dai collaboratori di giustizia Rosario Spatola e Vincenzo Calcara, ma a seguito di accertamenti è stato scagionato. L’ultima disavventura giudiziaria per l’avvocato Messina risale al giugno di due anni fa quando fu assolto dall’accusa di traffico internazionale di stupefacenti nell’ambito dell’inchiesta “Eden 3” con 19 indagati. Un maxi traffico di hashish sulla rotta Marocco-Spagna-Italia che sarebbe stato gestito proprio dal superboss catturato cinque giorni fa.

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