Nel mondo ogni anno nascono circa 15 milioni di neonati pretermine. In Italia attualmente si stima che i neonati prematuri, ovvero nati prima delle 37 settimane di età gestazionale, siano tra i 30 e i 40mila, ovvero il 7-8% sul totale delle nascite. Una percentuale arrivata a toccare l’11% nel periodo più acuto della pandemia da Coronavirus, quando alle consuete problematiche materne o fetali si sono aggiunti problemi legati alla gestione del Covid.
Se la nascita prematura nel terzo mondo è ancora causa di elevata mortalità, nei Paesi economicamente più sviluppati, la maggiore disponibilità delle cure ha notevolmente ridotto la severità della prematurità.
«Infatti- spiega Gianluca Lista, membro del Comitato Scientifico di ASM e Direttore di Neonatologia, Patologia e Terapia Intensiva Neonatale all’Ospedale Buzzi di Milano – grazie alla profilassi steroidea materna per la maturazione dei polmoni fetali nelle gestanti a rischio di parto prematuro, e all’uso dopo la nascita di una sostanza di natura lipo-proteica data per via endotracheale ai gravi prematuri con insufficienza respiratoria, che aiuta l’espansione dei polmoni (surfattante), la grave patologia respiratoria della prematurità, che un tempo era causa di morte quasi certa, è ora controllata molto meglio».
Da 40 anni infatti, ASM (Associazione Italiana Studio Malformazioni) e Fondazione ASM si occupano di promuovere la prevenzione e sostengono la ricerca scientifica per proteggere la salute in gravidanza e migliorare la cura delle patologie neonatali. Diffondendo, inoltre, informazioni e notizie utili per affrontare, e ove possibile prevenire, i problemi legati alle malattie congenite e alle condizioni svantaggiose dei bambini.
Nascita pretermine: quali sono i fattori di rischio?
Sul tema della prematurità infatti circolano alcuni falsi miti da sfatare. Molti di questi riguardano la sfera dei fattori di rischio che possono essere la causa di una nascita prematura. «Con l’età avanzata della mamma e l’aumento delle pratiche di fecondazione assistita è aumentata la gemellarità, e questo è uno dei fattori a rischio di nascita prematura – spiega ancora il dottor Lista – Altre cause possono essere le infezioni delle membrane fetali (corioamnioniti), che sono responsabili anche sino al 50% delle nascite prima del termine perché inducono un’aumentata contrattilità uterina. Sono implicate anche le patologie della placenta (per esempio, le vasculopatie indotte da diabete materno non controllato o l’ipertensione arteriosa), che determinano un malfunzionamento placentare. E l’incremento del liquido amniotico, che provoca una rottura anticipata delle membrane amniotiche, o anche una riduzione di crescita intrauterina del feto (IUGR), originata da cause materne o placentari, che fa anticipare ai ginecologi la data del parto per consentire un migliore recupero dell’accrescimento del neonato dopo la nascita».
Prematurità e prevenzione
Quello che è utile sapere inoltre è che, sebbene non in tutti i casi sia possibile fare prevenzione, il rischio di nascita prematura può essere ridotto «curando alcune patologie materne come il diabete, l’ipertensione, le corioamnioniti, o spesso modificando lo stile di vita, riducendo ad esempio lo stress, seguendo una dieta adeguata, evitando il fumo – spiega l’esperto – È fondamentale la presa in carico di donne a rischio di parto pretermine (soprattutto se si prevede una nascita molto prima del termine) presso centri ospedalieri con reparti sia di Ostetricia e Ginecologia che di Neonatologia con comprovata esperienza nella gestione di questa problematica».
Problematiche diverse a seconda del grado di prematurità
È bene inoltre sottolineare che le problematiche connesse alla nascita prematura possono essere diverse a seconda di quello che è il grado di prematurità dei piccoli. «Se nascere prima delle 25 settimane rimane una sfida ancora enorme per la grave immaturità, soprattutto cardiorespiratoria (che richiede ricoveri in Terapia Intensiva Neonatale con interventi di supporto ventilatorio, somministrazione del surfattante e di altri farmaci), con elevato rischio per la mortalità e morbilità – spiega il dottor Lista – la nascita tra le 25 e le 32 settimane, seppure impegnativa, ha spesso un esito più che favorevole. E ormai, nel 2023, nascere tra le 32 e le 36.6 settimane è un evento di routine in mani esperte neonatali. È utile però ricordare che i neonati che nascono tra le 34 e le 36.6 settimane, anche se spesso sono ricoverati al nido, hanno bisogno di cure e attenzioni maggiori rispetto ai neonati a termine».
Quando «recupera» un neonato prematuro?
Un altro aspetto su cui si interroga spesso e su cui è importante fare chiarezza secondo ASM riguarda poi le tempistiche di recupero dei piccoli nati prima del termine.
«Nella stragrande maggioranza dei casi, il recupero auxologico (peso e altezza) avviene entro i primi due anni di vita. Fanno eccezione quei neonati ex feti affetti da IUGR (Intrauterine Growth Restriction, ovvero ritardo di crescita intrauterina, ndr) che possono rimanere lievemente sottopeso per un periodo più lungo, e che hanno infatti bisogno di un controllo dietetico più prolungato e talvolta anche di una sorveglianza endocrinologica in età pediatrica. Dal punto di vista neurocomportamentale (se non ci sono danni anatomici cerebrali su base ipossico-ischemica o emorragica), bisogna sempre ricordare che, nascendo prima, i bambini devono essere “aspettati” nella capacità di raggiungere le tappe dello sviluppo neuroevolutivo, considerando che c’è un’età post-concezionale da rispettare. Ciò significa che all’età anagrafica andranno aggiunte le settimane che mancavano prima del termine, per decidere se il neonato ex-prematuro abbia raggiunto o meno, a tempo debito, la tappa dello sviluppo in quel momento della vita».
Il vero e il falso dei bambini prematuri
Per sgombrare il campo da dubbi e falsi miti, ecco infine le risposte del dottor Gianluca Lista alle principali domande sulla prematurità.