Amareggiato dopo anni di battaglie, Salvatore Borsellino si chiede come siano possibili le dinamiche dell’arresto di Messina Denaro.
(Antonio Amorosi – affaritaliani.it) – Baiardo, che aveva preannunciato l’arresto di Messina Denaro, ha detto che copie dell’Agenda rossa di Paolo Borsellino sarebbero nelle mani della mafia.
Ha sentito le affermazioni di Salvatore Baiardo a “Non è l’Arena” di Giletti? Dice esplicitamente che ha visto dei fogli che riproducevano l’Agenda rossa di suo fratello Paolo…
Lo ha detto altre volte. Se vuole il mio parere, io ho paura che possa corrispondere a verità. Come sono convinto che in questa cattura di Matteo Messina Denaro ci sia qualcosa… qualcosa di anomalo per come si è svolta. Neanche ammanettato, sembrava venisse accompagnato a un taxi. Anche le indagini che ora stanno venendo fuori… mah… hanno trovato qualche preservativo, delle pillole di viagra, delle calamite sul frigorifero. Poi c’è un covo, poi ne trovano un altro lì vicino. La maniera in cui la stanno conducendo, anche dal punto vista mediatico, mi dà veramente fastidio.
Le parole di Baiardo sono…
Ho il terrore e sarebbe veramente terribile, se le cose dette da Baiardo che per la premonizione su Messina Denaro si sono rivelate vere, corrispondessero a verità. Una latitanza che dura trent’anni è una sconfitta per lo Stato, non è sicuramente un successo. Ci siamo abituati alle trattative. Purtroppo in una sentenza di un processo di Palermo è stato detto che non costituisce reato trattare con la mafia, cosa per me assolutamente abnorme. A questo punto tutto è possibile, ma non vorrei che una copia dell’Agenda rossa sia stata data, in effetti, ai vertici e a Matteo Messina Denaro, o a chi per lui, come pegno, come garanzia del rispetto di certi patti che ho paura siano veramente stati stipulati, visto come stanno andando le cose. Sinceramente anche montare questa cattura di Matteo Messina Denaro come un successo dello Stato è una cosa abnorme.
Alla fine dei conti cosa pensa possa esserci dentro l’Agenda rossa di suo fratello, che idea si è fatto in tutti questi anni?
Anche come è stata predisposta la sottrazione dell’Agenda rossa, con qualcuno che aspettava vicino via d’Amelio e sapeva che ci sarebbe stata l’esplosione, mi lascia perplesso. Non è la mafia ad essere interessata a prendere l’agenda di mio fratello.
Erano dei pezzi dello Stato che stavano trattando con la criminalità organizzata. Oggi a trent’anni di distanza di trattativa si parla come fosse una cosa quasi normale, addirittura abbiamo saputo che non è neanche un reato. Ma lei provi a immaginare cosa sarebbe successo nel 1992, con l’opinione pubblica scossa dalla strage di Capaci, se mio fratello avesse rivelato che c’era una trattativa in corso tra pezzi dello Stato e la mafia. Sarebbe scoppiata la guerra civile del nostro Paese. Allora era indispensabile che quell’agenda sparisse. Purtroppo è possibile che venga impiegata come arma di ricatto reciproco tra…
Quei pezzi dello Stato…
Sì. Io ritengo che allora ci sia stato un colpo di Stato sotterraneo che si è concluso quando non fu messo in atto l’attentato allo stadio Olimpico, a Roma, vennero sciolte le camere da Scalfaro senza che vi fosse un voto di sfiducia perché a mio avviso Scalfaro era sotto ricatto. Purtroppo il risultato oggi è questo: a trent’anni di distanza l’agenda non viene fuori e credo faccia più paura a pezzi dello Stato, che magari oggi sono in posizioni di potere, che non alla mafia. Lei ci pensi: anche l’archivio di Totò Riina è sparito. Poteva fare più male a quei pezzi dello Stato che da Portella della ginestra in poi hanno portato avanti trattative con la mafia e se ne sono serviti, in qualche maniera, come braccio armato che alla mafia stessa. Sulla sparizione dell’archivio di Totò Riina non sono neanche sicuro siano stati dei mafiosi, forse sono stati dei pezzi dello Stato a cui quell’archivio poteva fare del danno.
Sono passati 30 anni da quel ’92. Allora si sperava in un futuro diverso e che vi fosse un riscatto popolare contro la mafia. Per come è cambiato il mondo, secondo lei, che conosceva il carattere di suo fratello e il legame con Giovanni Falcone, cosa avrebbero pensato della società di oggi?
Avrebbero pensato che purtroppo si sono realizzate tante di quelle cose che venivano prospettate nel Piano di rinascita democratica di Licio Gelli. Non ne sarebbero stati contenti. Penso che per come si è evoluta la società dopo la loro morte, il loro sacrificio forse sia stato anche inutile. Ho perso la speranza che nel corso della vita che mi resta potrò avere verità e giustizia e… quindi sono piuttosto sfiduciato. Parlo ancora con i giovani per far sì che ci sia qualcuno che continui a chiedere verità e giustizia anche quando non potrò più farlo io.