Fonte:Secoloditalia 05 gen 2023 di Valerio Falerni
Scende in campo Mario Monti per difendere la Bce dalle (fondate) critiche di Guido Crosetto. Come si ricorderà, in un’intervista a Repubblica, ieri il ministro aveva espresso più di una riserva sulla scelta della presidente Christine Lagarde di attuare politiche monetarie troppo restrittive in una fase di notevole difficoltà per imprese e famiglie. In più, aveva esortato ad una pubblica riflessione sull’autoreferenzialità di organismi come la Bce o l’Eba e sul grado di incidenza delle loro scelte nella vita dei cittadini. E tanto è bastato per accusare Crosetto di «delegittimazione» della Banca centrale europea.
Mario Monti intervistato da Repubblica
Concetto ribadito (ancora una volta su Repubblica) da Monti, seppur con parole accorte e garbate. Non stupisce. L’ex-presidente del Consiglio rientra nella categoria di quanti attribuiscono alle istituzioni sovranazionali un valore quasi sacrale. «Mi pare che l’indipendenza di una Banca centrale – ha infatti detto – riduca uno dei rischi più diffusi nelle moderne democrazie, che è la tentazione di scaricare costi presenti sulle generazioni future, attraverso l’inflazione e disavanzi pubblici eccessivi». Che è come dire che ad assicurare il nostro avvenire e quello dei nostri figli non sono tanto le scelte dei tavoli della politica quanto quelle del board di Francoforte.
La tesi della «“accountability” democratica»
Una tesi quanto meno singolare, alla luce dell’importanza che siamo abituati ad attribuire alle elezioni, ai partiti e, in fin dei conti, alla stessa democrazia. C’è da chiedersi se abbia senso continuare a farlo. In fondo è questo l’interrogativo a base del ragionamento di Crosetto. Saltato a piè pari da Monti, che ha preferito invece sottolineare la «“accountability” democratica» della Bce, determinata a suo dire dal fatto che i vertici dell’Eurotower «riferiscono regolarmente al Parlamento europeo, che ha anche un ruolo nella loro nomina». Il senatore a vita si accontenta di poco. Parlare solo per questo di trasparenza e di «“accountability” democratica» ci sembra quanto meno esagerato.
Monti e la «strategia del silenzio»
Tanto più che la decisione di innalzare i tassi di interesse sguarnendo, nel contempo, i debiti sovrani dalla tutela del Quantitative easing dell’èra-Draghi può favorire la ripresa della speculazione sui titoli pubblici. Di sicuro, il solo annuncio – qualche settimana fa – ha seminato il panico sulle Borse europee. Intendiamoci: Monti non sbaglia a indicare la via del «silenzio», dal momento che è vero che la Bce non potrà mai dare l’impressione di eseguire il diktat o la semplice sollecitazione di un Paese Ue. Fu la stessa via, ha ricordato nell’intervista a Repubblica, scelta nel 2012 da Sarkozy e la Merkel, che pure avevano visioni divergenti rispetto alle politiche monetarie.
Il populismo non c’entra nulla
Ma è altrettanto vero che le critiche di Crosetto sono successive ad un’analisi del Financial Times che definiva l’Italia «anello debole» dell’Europa e quindi Paese particolarmente esposto nel caso di una nuova crisi del debito, alla luce delle politiche restrittive della Bce. Le stesse che hanno condizionato pesantemente i contenuti della legge finanziaria recentemente approvata dal Parlamento. Insomma, il populismo, pur evocato da Monti, non c’entra nulla. Il tema è un altro: contano più le decisioni di un governo politicamente responsabile (cioè che risponde ai cittadini del proprio operato) o invece le scelte di una Bce che mostra la propria «“accountability” democratica» inviando ogni anno una relazione all’Europarlamento? Il tema è questo. E non ci si venga a raccontare che non sia decisivo per la democrazia e per l’Europa.